giovedì 19 luglio 2018

Cronaca di una disfatta: Il sacco di Molfetta.




La città di Molfetta in una cartina d'epoca
Tutto iniziò molti anni prima per lotte intestine alla città molfettese che portarono all'allontanamento con l'esilio di parte della nobiltà che si voleva schierare a favore dei francesi tradendo l'imperatore Carlo V. 

Ma lo scontro vero e proprio si concretizzò quando il principe Sergianni Caracciolo impegnato nell'assedio della città di Corato chiese ai cittadini molfettesi viveri per mantenere l'esercito ma questi contrari all'aiuto rifiutarono.

I nobili molfettesi esiliati al seguito dell'esercito del principe francese istigarono lo stesso nobile a ripiegare su Molfetta per fargliela pagare dell'onta ricevuta e così il 18 luglio del 1529 avvenne il saccheggio cittadino.

L'efferatezza del saccheggio fu anche trascritta in molti annali del tempo e persino dagli storici coevi  quali il Santoro e il Guicciardini nei rispettivi testi "Dei successi del sacco di Roma" e "Storia d'Italia, libro XIX" narrano il sacco della città di Molfetta.

Cappella funebre dei Caracciolo in Napoli

Il saccheggio avvenne direttamente sotto il comando del principe Caracciolo  Sergianni accompagnato dai suoi feudatari Federico Caraffa oltre che ai nobili esiliati molfettesi tra cui il Diomede Lepore, questo per le truppe di terra, mentre per la flotta era a capo della stessa Pietro Landi, Giovanni Moro e dal molfettese Angelo Porticella.

La battaglia iniziò con l'avanguardia della flotta che copriva costa costa l'avvicinarsi delle truppe di terra del principe; intanto il principe per evitare inutili perdite volle inviare ben due ambasciate alfine di risolvere la questione con la cessione per l'esercito di vettovaglie e decretare l'alleanza con il suo esercito, ma i nobili molfettesi rifiutarono: fu assedio per mare e per terra.

Difendevano la città Antonio Bove al comando dei bastioni di difesa delle cinta murarie dell'isola di sant'Andrea, Giovanni Mincio che guidava la flotta molfettese e Quintigliano de Luca che comandava le truppe di terra. 

Avendo visto che per la posizione, l'articolazione della muraglia e l'impenetrabilità da terra visto che la città era una isola fortificata, i francesi giocarono d'astuzia, dapprima diedero l'ordine di far prendere il largo alla flotta almeno quella più vicina al porto di Molfetta e poi facendo indietreggiare l'esercito di terra dividendolo in due tronconi.

Particolare della Tomba dei Caracciolo

L'inganno francese portò a far sguarnire il porto dalla flotta molfettese e questa seguì la ritirata di quella francese ma ebbe una sgradita sorpresa, al largo gli aspettavano altre navi francesi che distrussero dopo una breve battaglia la flotta molfettese.

E mentre i francesi facevano breccia nella parte nord della città, sotto la guida del Landi, oggi identificabile con la porta che da vicino al Duomo, il Lepore guidava l'ingresso in città dell'esercito francese dalle fogne. 

La città cadde, ma anche i nobili condottieri francesi perirono nella battaglia una volta entrati in città in via S'Antonio Abate morì il Caraffa colpito da un masso spinto dalla resistenza molfettese da un tetto dell'angusta via e stessa sorte ebbe il Barone di Macchia in Via Piazza. 

Venuto a sapere ciò che i molfettesi avevano fatto ai suoi comandanti, istigato dal Diomede Lepore il principe Caracciolo Sergiovanni ordinò quindi il sacco della città. 

Dopo tre giorni di saccheggio il principe Caracciolo prima che venisse affrontato dall'armata imperiale guidata da Ferdinando Gonzaga partì lasciando dietro sé morte e distruzione.

a cura di Sisto Massimiliano

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