martedì 31 luglio 2018

Il culto dell'Assunta a Molfetta


Al via  a partire da questa nella chiesa museale di San Gennaro, a cura del Venerabile sodalizio di Maria Santissima Assunta in Cielo e con l'ausilio della Associazione femminile omonima, la Quindicina dell'Assunta.

Ogni sera essa sarà animata dalle confraternite ed associazioni laicali che hanno come culto principale quello della Vergine, il programma giornaliero prevede la recita del santo Rosario oltre alla celebrazione Eucaristica e quindi alla preghiera della quindicina.


Sull'altare maggiore già dalla giornata di domenica scorsa campeggia il venerato simulacro della Beata Vergine Maria Assunta in Cielo realizzata dal Francesco Verzella nel 1809.

La venerazione nasce sin dalla fine del settecento alla Vergine come gruppo di preghiera operante nella Chiesa della Santissima Trinità e poi proprio per l'incremento degli iscritti si evolse dapprima come associazione di fedeli e poi come confraternita nel 1815.

Le sue insegne sono camice e cappuccio bianchi, mozzetta bianco-crema con fiorellini sparsi rosso-bruno e cingolo con fiocco rosso, al collo laccio sempre color rosso con una piastra di metallo riproducente l'immagine della Madonna Assunta.

La sua sede fu dapprima la Chiesa di san Domenico resasi vacante per la soppressione degli ordini monastici da parte di Napoleone per mezzo del reggente del Regno di Napoli Gioacchino Murat,
dove la loro permanenza relativamente  breve, in quanto dovettero condividerla  con le suore benedettine che erano di stanza nella chiesa di san Pietro il cui monastero fu parimenti soppresso.


Così il priore del tempo chiese l'utilizzo in proprio della Chiesa di San Pietro, e la ottenne, quindi nel 1816 il parroco della erigenda chiesa di San Gennaro Mons. Francesco Saverio Luigi Nisio essendo ferma la costruzione del nuovo tempio per ristrettezze economiche chiese al sodalizio di entrare in possesso ed in perpetuo del cappellone a sinistra per le loro funzioni dandogli  la possibilità di sepoltura dei defunti nella cripta della chiesa oltre l'utilizzo dell'altare maggiore e delle campane contro il versamento di una pigione rateale da estinguersi in 10 anni, la confraternita accettò e il trasferimento avvenne il 5 giugno di quell'anno.

Nelle processioni pasquali è invitata dalle Arciconfraternite di Santo Stefano a recare a spalla il simulacro di Gesù orante nell'orto degli Ulivi il Venerdì Santo oltre  che dall'Arciconfraternita della Morte, il Sabato Santo, a recare a spalla l'immagine di San Pietro.

A cura di Sisto Massimiliano.

Un binomio inscindibile: Molfetta ed il mare.



Il mare, binomio inscindibile con la nostra amata Molfetta. Il mare è stato da sempre fonte di sostentamento e allo stesso tempo di pianto da parte dei nostri avi e non solo. Ecco tornarmi alla mente la tragica vicenda irrisolta del Francesco Padre, di quanto dolore ha provocato negli animi di tutti noi molfettesi. Il mare, nel tempo e nei secoli è stato luogo di scontro tra grandi flotte e grandi battaglie che si sono combattute su di esso. 

Dalle Repubbliche Marinare sino ad arrivare ai tragici facci avvenuti nella seconda guerra mondiale con interi bastimenti militari colati a picco con i loro equipaggi per effettuare atti di puro eroismo per la nostra amata patria. 
Il mare, luogo di speranze, se si pensa ai commerci, e agli scambi culturali che grazie ad essi si possono espletare: Il mare quindi come ponte tra le culture e lo notiamo ancora oggi quando intere famiglie lasciano tutto per venire qui da noi in Europa attraversando via mare quella distanza che li porterà in un posto di sicuro benessere. 

Ricordiamo che proprio quel mare ha visto partire tanti molfettesi per la volta delle Americhe o dell’Australia per trovare un lavoro che qui mancava e ancora quel mare, quell’oceano li divide dalla loro madrepatria. Ma non sempre il mare ci fa legare i bei ricordi come punto di incontro o di scontro, alle volte il mare è quasi strafottente, imprevedibile irascibile se si vuole. Penso a quel bambino profugo siriano che non più di un anno fa è stato abbandonato sulla spiaggia esanime dalle onde di quel mare che avrebbe potuto offrirgli un futuro migliore. 

Il mare ancora luogo conteso per il suo pescato e per le ricchezze che esso nasconde: penso ai pescatori che giornalmente lasciano il nostro porto con lo sguardo rivolto al Santuario della Madonna dei Martiri per portare la giusta ricompensa per le loro fatiche alle proprie famiglie. Il mare amico e nemico e rammento ciò che è avvenuto qualche anno fa in Indonesia o in Giappone con gli tsunami che ha spazzato via per chilometri, interi villaggi e persino una centrale nucleare. Il mare luogo inatteso, mobile e volubile. 

Il mare luogo di amore e odio per quanti baci ha visto nelle chiare notti d’estate semmai col riflesso della luna in esso specchiata o quante lacrime nel rumore assordante del suo sciabordio sono state con lui versate facendo da mesto compagno e testimone della tragedia personale di questo o quello. Il mare, binomio inscindibile con la nostra amata Molfetta.

A cura di Massimiliano Sisto.

lunedì 30 luglio 2018

Un po' di Molfetta nella scoperta dell'America.


Gian Battista Cybo nacque a Genova da Arcano Cybo e da Teodorina de' Mari nel 1432. Il padre, Senatore Romano ed in seguito fu nominato Vicere' del Regno di Napoli per cui in giovane età dovette spostarsi con la famiglia nella capitale borbonica dove fu ammesso alla corte napoletana. Durante l’adolescenza godette di tutti i piaceri che la mondanità potesse offrirgli, persino quella di avere sette figli di cui solo due ne riconobbe Teodorina e Franceschetto mentre gli altri invece divennero solo dei nipoti del futuro presule. 

Dopo la morte del padre nel 1457, e avendo terminato i suoi studi a Padova, Gian Battista si accostò alla fede cattolica anche grazie al suo mentore Cardinale Filippo Calandrini che lo convertì sino a portarlo sotto la sua protezione ordinandolo sacerdote. Si trasferì a Roma dove riuscì ad entrare nelle grazie di Papa Sisto IV e dal quale ebbe dapprima l'incarico di Vescovo di Savona dove il suo pontificato non fu lungo a causa di dissidi con gli Sforza, signori di Savona e pertanto il Papa lo incaricò per un'altra diocesi quella di Molfetta. Era il 1472. 

Monsignor Cybo pero' ebbe diversi incarichi anche a livello curiale romano quando fu nominato sempre da Papa Sisto IV Cardinale presbitero prima di santa Balbina e poi di Santa Cecilia. Papa Sisto morì il 12 agosto del 1484 ed il 26 agosto i cardinali furono riuniti in conclave. Dalle due fazioni che si fronteggiarono nel collegio cardinalizio capeggiate dai Della Rovere e dai Borgia, uscì per accordo una terza via ovvero quella di un pontificato di transizione e per questo venne scelto l'amato Cardinale Cybo che per il suo comportamento era stimato dalla Curia romana. Una volta eletto al soglio pontificio il Cardinale Gian Battista Cybo prese il nome di Innocenzo VIII. Con la sua elezione per la prima volta fu letta la menzione di nomina del pontefice che tutti conosciamo oggi ossia dell'"Habemus Papam".

Papa Innocenzo ereditò le finanze dello Stato della Chiesa molto disastrate, per questo dovette riordinare la curia papale alfine di razionalizzare le spese ed al contempo fare cassa con la vendita di posti in Vaticano. Questa strategia portò in breve a rimettere le finanze in ordine. Inoltre il Papa era una persona innovativa e sebbene cagionevole di salute, sicuramente sfruttava quelle che erano le tecnologie dell'epoca. Infatti nel 1484 il 5 dicembre emano' la prima enciclica su carta stampata la “Summis Desiderantes”. Questa fu una bolla papale che molti identificarono come la pietra miliare nella pratica della inquisizione cattolica, ma invece l'elemento innovatore era quello che il Papa non voleva che gli inquisitori facessero del male a quei malcapitati, ma voleva semplicemente punirli e spogliarne dei beni. 

Lo stesso Papa pero' non ebbe certo parole di disprezzo per l'inquisizione spagnola che come sappiamo usava metodi cruenti per la estorsione della pseudo verità. Nel 1487 indisse la crociata contro i Valdesi che si rivelò fallimentare. Il Papa non tollerò il pensiero di Pico della Mirandola, tanto che ne mise all'indice il suo manuale di philosophia ed arrivo' persino ad imprigionarlo. Lo stesso fervente religioso Papa Innocenzo tra le altre cose che gli si ascrivono, da fine politico quale era, avendo avuto il rifiuto dei monarchi cristiani per una nuova crociata in Terra Santa, fece portare a Roma il fratello del sultano ottomano, lasciato da questi in custodia ai Cavalieri di Rodi per evitare che vi fosse da lui ordito un regicidio per toglierli il sultanato. Quindi Innocenzo a fronte dell'impegno del Sultano di non attaccare i regni cristiani presenti nei balcani, tenne in una prigione dorata nel Palazzo Apostolico il principe, lucrando dal sovrano turco, tra l'altro, ben 40.000 ducati d'oro annui. 

Nel 1492 il 2 gennaio pochi mesi prima della sua morte, Papa Innocenzo assistette alla fine della Reconquista spagnola con la presa di Granada. Per l'unificazione sotto un unico regno cattolico di tutta la Penisola Iberica, il Papa fece guadagnare al monarca spagnolo Ferdinando II d' Aragona ed a Isabella di Castiglia il titolo, in perpetuo, di "Maestà Cattolica". Morì a Roma il 25 luglio del 1492, giorno del suo compleanno. La salma fu tumulata nella Basilica Vaticana costantiniana e differentemente dalle altre è l'unica rimasta nella nuova Basilica. Sul suo monumento funebre si legge: "Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo". 
Partiamo proprio dalla morte di Papa Innocenzo VIII avvenuta come dicevo il 25 luglio 1492. Sulla sua tomba un epitaffio funebre molto strano che recita: "Novi orbis suo aevo inventi gloria" ossia "Durante il suo regno la gloria della scoperta del Nuovo Mondo". Sappiamo dalla storia ufficiale che il 03 di agosto del 1492 partirono da Palos tre caravelle alla volta della rotta delle Indie. Ma di fatto questo nella realtà fu una scelta ben calibrata dai regnanti spagnoli. Infatti già mesi prima si ebbe l'ordine di costituire 3 equipaggi e tre caravelle che avrebbero dovuto viaggiare per mesi, quindi sotto legida di Papa Innocenzo. La lungimirante monarca spagnola così sapendo la cagionevole salute del pontefice attese che questi morisse per attendere la salita al soglio pontificio del Cardinale Rodriguez Borgia spagnolo. I sovrani spagnoli non dovettero attendere molto che dopo i novenali, il Conclave si espresse nominando proprio il Borgia come successore di Pietro prendendo questi il nome di Alessandro VI. Il nuovo Papa già nel 1489 aveva incontrato segretamente Pizon ,uno dei tre comandanti delle caravelle per parlare dei fini che i regnanti spagnoli si attendevano da questa spedizione.

Niente di piu' facile per un prelato di alto rango quale era il Borgia di detenere dei documenti importanti ed antichissimi: le mappe e le rotte con l'individuazione delle correnti marine migliori per raggiungere il nuovo mondo. Queste erano entrate in possesso di molti ecclesiastici di alto rango tra cui anche il Papa defunto Innocenzo, perche' tra il 1437 e 1439 a Firenze venne, su volontà di Lorenzo il Magnifico, che fosse fatto un Concilio per riappacificare le Chiese di Oriente ed Occidente, e proprio in quella sede si ebbe la riscoperta di questi documenti. Tra cui la mappa che consegno' un dotto ebreo di nome Elliseo al domenicano Gemistio.

Inoltre nell'Archivio della Cattedrale di Monreale a Palermo erano state ritrovate molte carte nautiche del tempo dei romani che indicavano appunto rotte utili per raggiungere dalle zone fredde di un nuovo territorio molto ricco. E di questo era informato Papa Innocenzo infatti lui e' ricordato tra l'altro nella storia come "Praecursor Siciliane". Queste ultime mappe furono cedute dall'Arcivescovo di Palermo al comandante Cartier del Regno Francese per raggiungere proprio le terre conosciute oggi col nome di Canada era il 1539. Coincidenze? Oppure Innocenzo VIII, ricco genovese aveva ingaggiato prima il Cristoforo Colombo per raggiungere il nuovo mondo quando questi cercava finanziatori? Fatto resta che la storia sin qui dettata parla di:

1. Isabella di Castiglia che attese la morte del Papa per inscenare la partenza delle caravelle;

2. la richiesta dei regnati spagnoli di finanziamenti per l'attraversata alle famiglie genovesi tra cui proprio quella dei Cybo impegnando i gioielli della corona;

3. Furono prese e confiscate e poi distrutte tutte le antiche mappe che erano state date a Colombo per raggiungere l'America;

4. Il Papa Alessandro VI essendo amico dei regnanti di Spagna nulla chiese in termini economici o di terre da donare al Regno Pontificio nelle nuove conquiste americane, cosa che invece avrebbe potuto e voluto chiedere Papa Innocenzo come di fatto finanziatore e coordinatore dell’impresa grazie ai documenti presi da Monreale.
A cura di Sisto Massimiliano.

domenica 29 luglio 2018

La focaccia.


Le origini della focaccia sono molto antiche e risalgono infatti al tempo dei fenici. Si pensi che i cartagenesi usavano farine di orzo, segale e meglio cucinandole nel fuoco. 
Il termine focaccia deriva dal latino focus da cui l’etimo focaccia. Nella Roma imperiale le focacce erano offerte agli dei come sacrificio.
 Nel rinascimento invece erano consumate con vino nei pranzi nuziali e ciò era presente in tutta Italia questa tradizione, proprio perché l’impasto era ricco di prodotti genuini e della terra come l’olio. 
La focaccia da sempre è stata utilizzato come pasto frugale per lunghe attese o lunghi viaggi sia essa con che senza condimenti vari. Proprio per la sua popolarità ogni regione e paese italiano vuole il primato e la paternità di codesta pietanza.

A cura di Massimiliano Sisto.

sabato 28 luglio 2018

La prima donna sulla Luna: Valentina Tereskova.



Valentina, nacque in Bielorussia il 6 marzo del 1937 nei pressi di Jaroslavl in un villaggio sul fiume Volga, figlia di un militare morto nella seconda guerra mondiale, la sua infanzia fu difficile costellata da privazioni e da una intensa attività di lavoro in fabbrica per sostentare la famiglia, così la giovane e piccola Valentina dovette dapprima lavorare in una industria di pneumatici per poi passare a una di cavi elettrici dove lavorò nella stireria aziendale, durante questo ultimo periodo frequentò la scuola serale per diventare tecnico, diploma che conseguì brillantemente nel 1960. 




La sua passione per il volo spaziale iniziò ad affiorare già nel 1955 volendo emulare il suo mito Jurij Gagarin, così decise di iscriversi, previo il superamento dell’esame, al programma per cosmonaute che assieme ad altre sue colleghe passò a pieni voti. 


Così dopo gli addestramenti del caso, il 16 giugno del 1963 venne lanciata nello spazio dove vi rimase per tre giorni interi compiendo circa 49 orbite terresti, il suo nomignolo per le comunicazioni radio era “gabbiano” tornò in patria il 19 giugno dove venne accolta come eroina tanto che le fu conferita una Alta onorificenza quale Pilota-cosmonauta dell'Unione Sovietica. 



Valentina Tereshkova ha 26 anni e vola in orbita. L'astronauta americano più giovane ha 10 anni più di lei. Valentina è la versione femminile di Yuri Gagarin, una bella faccia acqua e sapone, una espressione dolce. 


Ancora una volta: la figlia ideale per ogni famiglia. Valentina però vola sui caccia MIG dell'aviazione sovietica, ha effettuato 120 lanci con il paracadute, sta studiando ingegneria aerospaziale. E' vero che negli anni successivi le donne scompariranno dai programmi spaziali sovietici, ma al momento il bersaglio è centrato: inevitabile un confronto sulla condizione della donna in Russia e in occidente. 


Questi primi anni 60 del secolo scorso, oltretutto, sono i migliori per le condizioni economiche dell'Unione Sovietica, segnati da un livello di benessere abbastanza diffuso, seguito da quei decenni di progressivo declino che portarono alla crisi del 1989. 



La sua popolarità si accrebbe nel tempo, anche perché del suo gruppo di argonaute solo lei è riuscita effettivamente ad andare nello spazio, per questo fu celebrata persino con un francobollo commemorativo mantenuto nelle stampe sino al 1974. A maggio del 1966 venne eletta a far parte del Soviet Supremo dell'URSS e a maggio del 1968 divenne presidente del comitato donne dell'Unione Sovietica.


 Nel 1971 divenne membro del Comitato Centrale del PCUS. A partire dal 1974 fece parte del Presidium del Soviet Supremo e dal 1976 in poi fu vicepresidente della Commissione per l'educazione, la scienza e la cultura dell'Unione Sovietica. Nel 1982 divorziò dal primo marito Andrijan Grigor'evič Nikolaev per sposarsi con Jurij Šapošnikov, del quale è rimasta vedova nel 1999. Nel 1994 venne nominata dal governo russo direttrice del "Centro russo per collaborazione internazionale culturale e scientifica". 




Nel 2007, in un'intervista, la Tereškova ha deciso di rivelare per la prima volta alcuni drammatici retroscena del suo primo volo orbitale. Il 7 febbraio 2014 ha partecipato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 portando, insieme ad altre 7 personalità russe, la bandiera olimpica. Valentina Tereshkova resta dunque una figura che segna, per il grande pubblico, la storia delle imprese spaziali. E' il suo nome che si affianca a quelli di Yuri Gagarin e di Neil Armstrong.


A cura di Sisto Massimiliano.

L'orma del piede di Orlando a Molfetta.



Sino agli anni cinquanta ovvero sino a che non si era costruita la strada che oggi è lo slargo del Santuario della Madonna dei Martiri e la strada che costeggia lo stesso; esisteva una spiaggetta dove vi era una pietra nella quale era incavata l'orma del piede di un cavaliere. 
Il popolo nel tempo aveva chiamato quella impronta scavata con tanta dovizia dal cavaliere, sicuramente approdato dalla Terra Santa e soccorso nell'Ospedale dei Crociati, l'orma del Piede di Orlando. 
Orlando il famoso paladino franco decantato da Ludovico Ariosto. Oggi quella pietra esiste ancora ma è sotto il manto stradale e quindi dimenticata dal tempo e forse mai più dissepolta per poter rendere onore a quei cavalieri che tanto combattettero per mantenere i luoghi santi cristiani. Un altro pezzo di storia cittadina perso nell'oblio del tempo...…

A cura di Sisto Massimiliano.

venerdì 27 luglio 2018

27 luglio: la notte dell'eclissi.



Questa sera a partire dalle ore 21 quando la Luna sorgerà da sud est sarà già visibile già visibile l’eclissi totale che è considerata la più lunga eclissi del XXI° secolo.

Accompagnato a questo evento il colore del nostro satellite sarà rossastro, grazie alla congiunzione con Marte, alle 21.30 l’eclissi sarà totale e questa durerà per ben 103 minuti, il fenomeno inizierà a terminare per le 23.13 per poi concludersi definitivamente alle ore 1.28.

L’eclissi cui assisteremo vedrà l’allineamento del Sole, della Terra e del nostro satellite, mentre Marte si troverà leggermente più in basso e a destra della Luna e sarà particolarmente brillante. In questo periodo dell’anno, infatti, la sua orbita lo sta portando molto vicino alla Terra, a circa 58 milioni di chilometri. Inoltre si trova in opposizione al Sole, la posizione in cui diventa più luminoso.

Le eclissi sono considerate fenomeni straordinari da tutti i popoli della Terra che hanno associato ad esse numerosi miti e leggende, alcune sopravvissute sino ad oggi per il loro suggestivo fascino. 


Nell’Antica Cina si narra che un drago, durante un’eclissi solare, divori avidamente l’astro e che l’unico modo per tenerlo lontano e veder splendere di nuovo il Sole sia suonare tamburi con particolari accordi. Nel 2134 a.C. però, due astronomi si dimenticarono di avvertire l’imperatore cinese del fenomeno ed i tamburi non suonarono. Il Sole tornò ugualmente a splendere ma non per i due poveri astronomi, cui venne mozzata la testa.

 In Vietnam si pensava, invece, che una rana gigante stesse divorando il sole. Le eclissi ammaliano milioni di persone in tutto il mondo eppure, in passato, davano origine a paure ed incubi, tanto da essere ritenute un evento nefasto, nonché di malaugurio dagli indovini e dagli astrologi, temute da imperatori, uomini d’arme e gente comune.


Una favola vichinga narra che il dio del Sole, Sol, venisse continuamente inseguito dal lupo Skoll e che quando l’animale riusciva a catturarlo, avveniva un’eclissi solare. La gente, durante il fenomeno, sbatteva insieme padelle e pentole, facendo un gran rumore per spaventare il lupo e far ritornare il sole.


 La stessa cosa accadeva con l’eclissi lunare ma in quel caso il lupo divoratore di Luna, Mani, era Hati. Per i Persiani l’eclissi rappresentava una punizione divina nei confronti degli uomini. Essi pensavano che tutte le volte che qualcuno commetteva o stava per commettere gesta malvage (es. tradimenti, infanticidi ecc), gli Dei chiudessero in una specie di tubo la Luna o il Sole, lasciando gli umani nel buio più completo, soli in compagnia di incubi e rimorsi.

Nel Medioevo i contadini erano convinti, invece, che le eclissi fossero causate da parole magiche pronunciate dalle streghe, che avevano il potere di ipnotizzare la Luna, obbligandola ad avvicinarsi alla Terra per deporre una sorta di rugiada schiumosa sulle erbe che poi sarebbero servite alle fattucchiere per compiere ogni sorta di sortilegio.


Si narra anche che Cristoforo Colombo, nel 1503, durante il suo quarto viaggio alla volta dell’America, si arenò sulle coste della Giamaica, nella baia di Santa Gloria poiché le sue navi erano danneggiate. L’equipaggio rimase a corto di provviste ma le popolazioni locali rifiutarono di fornigli cibo, in cambio di gioielli.


Allora Colombo, per ingannarli, avendo a bordo una copia di uno dei libri di Regionomontano, contenente predizioni di eclissi lunari, una delle quali prevista per il 29 febbraio 1504, la sera in cui si sarebbe verificata, organizzò un incontro con i capi delle popolazioni indigene e disse loro che Dio era rimasto molto offeso e avrebbe fatto sparire la luna. L’eclissi si verificò.


Gli indigeni, spaventati, dissero a Cristoforo Colombo che gli avrebbero fornito il cibo se avrebbe interagito per loro presso Dio. Dopo il ritiro a conferire con Dio, Colombo tornò dicendo che Lui gli aveva perdonati. La Luna tornò così a splendere e Colombo ottenne le sue scorte di cibo

a cura di Sisto Massimiliano.

Oggi il Corteo Storico in onore di San Giovanni Bosco.


Forse si sta creando una nuova tradizione molfettese, quella del Corteo Storico sulla vita di San Giovanni Bosco, il presule di Castelnuovo d'Asti che ha insegnato e insegna a milioni di generazioni il rispetto dell'altro, la preghiera e l'accoglienza.


Purtroppo non si saprà se questa nuova iniziativa che arricchisce l'estate molfettese è destinata a continuare nel tempo, perché il Convento dei Salesiani dopo circa ottant'anni lasceranno Molfetta e la Chiesa di San Giuseppe sarà annoverata come parrocchia, lasciando un immenso vuoto sia per le generazioni che hanno direttamente convissuto con l'opera salesiana sia per le nuove che perderanno un punto di riferimento certo.

Ma chi era il santo di Castelnuovo?


 Grande apostolo dei giovani, fu loro padre e guida alla salvezza con il metodo della persuasione, della religiosità autentica, dell’amore teso sempre a prevenire anziché a reprimere. 

Sul modello di san Francesco di Sales il suo metodo educativo e apostolico si ispira ad un umanesimo cristiano che attinge motivazioni ed energie alle fonti della sapienza evangelica. Fondò i Salesiani, la Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a santa Maria Mazzarello, le Figlie di Maria Ausiliatrice. 

Momento dell'arrivo dell'arca con le spoglie del santo a Molfetta


Tra i più bei frutti della sua pedagogia, san Domenico Savio, quindicenne, che aveva capito la sua lezione: “Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. 
Giovanni Bosco fu proclamato Santo alla chiusura dell’anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. Il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù, “stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali”.

A cura di Sisto Massimiliano.

giovedì 26 luglio 2018

Storia di un amore: i santi Anna e Gioacchino.



I santi Anna e Gioacchino sono la prima sacra famiglia della storia del cristianesimo. Gioacchino uomo saggio, sacerdote del Signore e pastore era molto avanti in età e con sua moglie Anna non avevano figli sebbene questi li avesse voluti. Un giorno mentre era nei campi a pascolare il bestiame ebbe la visita di un angelo che lo informava della volontà di Dio di darle una figlia. Nove mesi dopo questo evento nacque Maria (amata dal Signore) che fu portata al Tempio con i genitori per offrirla al Signore con sacrifici come era usanza tra gli israeliti. Per lodare il Signore, la piccola Maria fu lasciata lì per essere istruita e servire nel tempio, privilegio che non era possibile per tutti ma solo per i figli dei sacerdoti e per i notabili della società. Anna invece è da tutto il mondo riconosciuta come protettrice delle partorienti, visto il suo lungo e difficile modo di aver avuto la sua unigenita.
La storia di Anna e Gioacchino è ben descritta nel Protovangelo Apocrifo di San Giacomo, che collima in parte con la tradizione cattolica. Infatti Ruben gran sacerdote sottolineava la sterilità della di Anna cosa che era scandalo per la gente del tempo, tanto che lo stesso chiese a Gioacchino di ripudiare la maglie, ma essendo un uomo giusto e nobile alle parole del Gran Sacerdote dapprima andò a Gerusalemme a consultare la Legge e le sue prescrizioni nel Tempio e poi si ritirò in preghiera per 40 giorni; mentre Anna consumata dal doppio dolore della sterilità e dalla perdita del marito pregava anch'ella il Signore affinché potesse avere una discendenza, queste sue parole furono ascoltate e un angelo del Signore le annunziò la nascita di una bambina che sarebbe stata menzionata da tutto il mondo.
Il culto dei santi si sviluppò dapprima in Oriente nella Chiesa greca per poi espandersi dopo le crociate anche in Occidente. La festa liturgica era divisa per i due santi: infatti la memoria di Sant’Anna cadeva il 26 luglio  e dopo 8 giorni dall'Assunzione di Maria quella di san Gioacchino, dal 1913 con la riforma del calendario liturgico la memoria dei due santi e' stata ricongiunta il giorno 26 luglio.

A cura di Sisto Massimiliano
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mercoledì 25 luglio 2018

La pagina più brutta del Regno d'Italia: la legislazione razziale del 1938.





Oggi ricorrono gli ottant’anni della promulgazione delle Leggi razziali attraverso  un documento a dir poco assurdo firmato dai più illustri scienziati del Regno di Italia ossia il “Manifesto della Razza”preparato ad hoc il 14 luglio del 1938

che di fatto fu il primo passo per quella infamia della legislazione razziale che pesa ancora oggi nelle coscienze comuni della società civile.

Dalla lettura del manifesto se da un verso viene espressa la banalità della differenza dei caratteri ereditari di un determinato popolo, dall’altro nell’articolo secondo vengono individuate razze superiori rispetto ad altre di tipologia inferiore, per poi passare a una ricostruzione storica del concetto di nazione e di popolo legato sempre alla sua razza.


Inoltre veniva sottolineato il fatto che la nostra nazione fosse ariana spazzando, in modo falsamente, il fatto delle preesistenti civiltà che hanno popolato e dominato l’Italia che come si sa è stata sempre, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente terra di conquista e di stanziamento di nuovi popoli che si sono legati alla popolazione autoctona.

Spiegando, ancora in modo falso che dopo i longobardi nessuna altra dominazione ha apportato modifiche all’intertessuto proprio della nazione dimenticando quindi che fu conquistata dai francesi, tedeschi, arabi e spagnoli che si sono mescolati con la popolazione italica ed ancora oggi ne notiamo i caratteri ereditari dalle fisionomie delle persone presenti in Italia.


Poi nel punto 7 il Manifesto si contraddice proprio con quelle che erano state le battaglie e le guerre fatte nel ventennio precedente per la costruzione di un impero oltreoceano, e di fatti l’incogruenza cozzava proprio nella interessenza del modo con cui furono costruite queste leggi individuate per lo più con una semplicità unica, quasi con creduloneria allo stato puro ed elementarità volta a dover trovare consenso ahimè in una nazione ancora e troppo ignorante.

Ma l’insegnamento di quella vergogna oggi è stato effettivamente superato? Siamo oggi in grado di non indignarci per quella infamia e in modo diverso proclamarci infami noi stessi quando voltiamo la testa verso la migrazione attuale che in modo così sconsiderato sta prendendo piede nella nostra nazione?


Possiamo definirci immuni dal razzismo oggi alla luce di questa onta che colpisce oggi la nostra nazione ovvero vivremo una reminiscenza di un altro corso e ricorso storico come avrebbe sottolineato il Vico? 
Grazie a questa ignoranza e arroganza, molta gente fu deportata anche se in modo minore rispetto alla Germania Nazista e molti morirono pure circa cinquemila persone italiane, altri invece scapparono all'estero come il nostro illustre premio Nobel per la Medicina poi rientrata durante la guerra per assistere come crocerossina i partigiani: Rita Levi di Montalcini.
Una legge italiana contro gli italiani stessi, una vergogna da non ripetere non solo verso i nostri stessi cittadini ma anche verso chi ci chiede un po' di umanità.

A cura di Sisto Massimiliano

Il tempo.



Foto Carlo Farinola


Vi siete mai chiesti cosa si intende per il concetto di tempo? Il tempo viene definito in fisica, in storia, in economia ed in quasi tutte le materie scientifiche che oggi lo scibile umano studia.
Il tempo storico ci indica il passaggio di regni, imperi, periodi storici ere ma effettivamente se ci pensiamo, proviamo ad immaginare il nostro Duomo o qualunque altro monumento storico, sia cittadino che extracittadino, immaginate quanta gente nel corso del tempo lo ha visitato, ha pregato, ha pianto, ha riposto speranze. 
Foto di Carlo Farinola

Immaginate cosa quelle pietre dilavate dal vento e dalla salsedine hanno racchiuso. Cosa ha significato? 
Forse per i laici solo un bel monumento semmai racchiuso in libri di cattedratici oppure per i credenti simbolo dell'avvicinamento a Dio ma questo è comunque stato indicato nel tempo il superamento di certi schemi a favore di altri: il tempo. 
Foto di Carlo Farinola

Già il tempo a volte ci sfugge di mano, non sappiamo controllarlo, nel nostro interloquire quotidiano diciamo sempre che non abbiamo tempo, vero, non avere tempo per chi? Per gli altri, per noi stessi ma poi ci ritroviamo a inseguire il tempo per futilità. Le facezie che ci rendono il nostro tempo fuggevole e al contempo limitato. 
Certo sarebbe bello se noi, me per primo, imparassimo a usare il tempo. Usare il tempo per gli altri; donare il proprio tempo significa essere quanto di piu' generosi verso chi ci circonda, facciamo degli esempi per meglio comprendere ciò se io dono del tempo per una persona che non conosco o che conosco poco il tempo è speso bene o male? 
Foto Carlo Farinola

Si direbbe che il tempo ponga una variabile dipendente da quanto vogliamo che l'altra persona possa accorgersi del compatire le sue vicende umane, quindi potremmo esprimere che il tempo in questo caso ci renda qualcosa in termini umani. 
Viceversa pensiamo adesso al tempo speso per noi, quanti di noi pensano che il proprio tempo sia vissuto appieno? Pochi, perché basta che parli con chiunque la prima cosa che ti dirà che esso è in funzione di ciò che resta per la famiglia, il lavoro etc. 
Magra consolazione! Il tempo per se stessi dovrebbe essere direttamente proporzionale a cosa? Alla quantità e qualità dei momenti che si vivono per gli altri, infatti solo se vivi in armonia con gli altri puoi vivere in armonia con te stesso, con il tuo modo di essere con il mondo.
Foto di Carlo Farinola

 Il tempo quindi in definitiva può essere un pirata o un signore, un dittatore decisionista o un democratico metronomo delle nostre scelte, in ogni modo il tempo indipendentemente da quello che si decide di fare deve essere vissuto. 
Vissuto in ogni momento, istante e secondo perché solo con la consapevolezza di vivere e non di sopravvivere potremmo dire che abbiamo concretamente accettato e reso valida la nostra vita nel tempo e nella storia ovvero avremo lasciato un segno tangibile del nostro passaggio che vite che ci hanno preceduto forse, di cui non ci si ricorda hanno già fatto per noi. Viviamo appieno il nostro tempo, per noi e per gli altri. 


A cura di Sisto dott. Massimiliano

martedì 24 luglio 2018

Pubblicato il calendario liturgico per la Festa della Madonna dei Martiri.





Foto di Maria Cappelluti
 Questa mattina è stata diffusa la locandina con gli eventi della Basilica legati alla festa della Madonna dei Martiri.


Varie le iniziative che si vanno ad aggiungere a quelle nel solco della tradizione molfettese, si parte con il 14 agosto con la Veglia per l'Assunta che vede come da qualche decennio a questa parte l'intronizzazione del simulacro della Beata Vergine Maria, per poi procedere con l'ultimo Sabato Solenne il 25 agosto che vede protagonisti il Comitato Feste Patronali e l'apertura della mostra fotografica da parte dell'Associazione IDEAMOLFETTA di Francesco Sancilio, esporranno Giuseppe Roppo, Carlo Farinola, Franco Pansini, Marina Pignatelli, Maria Cappelluti e Daniela Salvemini, curatore della mostra Sisto Massimiliano.

Quindi si procederà con il corteo storico che rievocherà l'arrivo della icona della Vergine a Molfetta il giorno 26 agosto per poi partire con la tradizionale fiaccolata che da vent'anni attira i fedeli della Madonna ad abbracciarsi attorno alla sua madre.
 
Infine i giorni a noi molfettesi più cari con l'incoronazione della Beata Vergine il giorno 7 settembre e la Sagra a Mare l'8 settembre festività della Natività di Maria Vergine come da tradizione con la processione a mare e la processione di gala alla presenza delle autorità civili e militari cittadine.

a cura di Massimiliano Sisto.

Brevi cenni storici sul porto di Molfetta.


Il porto di Molfetta risale al X secolo ovvero la sua costruzione si attesta attorno all'anno mille. Anticamente il nostro porto non aveva che una ampiezza di circa 120 m con una piccola torre di vedetta. 
Questo però risultò insufficiente per l'enorme mole di merci che arrivavano dalle sponde dell'alto Adriatico e per quelle che partivano per il mediterraneo o per l'oriente, così venne deciso dalla Università cittadina di ampliarlo chiedendo al re Carlo V di poterli eseguire 1550.
Ulteriori ampliamenti si ebbero poi tra il 1841 e 1849 quando furono aggiunti due moli staccati ovvero quello di San Corrado e San Michele nonché venne creata la diga detta Pennello. 

Oggi il nostro porto purtroppo vive un periodo di decadenza, considerando i pochi natanti che vi approdano oltre al fatto della perdita della grande flotta peschereccia che le dava il primato sino alla fine degli anni 90 del secolo scorso. 

Ad oggi ulteriori opere di ammodernamento del porto sono state avviate, ma per diverse questioni che non mi interessa riportare, sono bloccate o meglio ferme. 

Ad oggi il nostro porto si compone di vari moli e banchine di ormeggio che lo fanno diventare un tutt'uno da levante a ponente: Molo Pennello, Spiaggia della Maddalena, Banchina San Domenico, Banchina Seminario, Molo San Corrado, Molo San Michele, Molo Foraneo e Diga Frangiflutti.

a cura di Sisto Massimiliano.