sabato 20 ottobre 2018

Fratelli nella fede e nel martirio: i Santi Campioni Cosma e Damiano.



Le brevi notizie storiche che li riguardano risultano dai “Martirologi” e “Sinassari” antichi testi liturgici che riportano il resoconto della vita dei Santi e dei Martiri dei secoli antichi. 
Il principale biografo dei Santi Cosma e Damiano fu il dotto Vescovo Teodoretto, che resse dall’anno 440 al 458 la città episcopale di Ciro, importante centro della Siria. 
Qui fu eretta a questi due santi la prima chiesa votiva. I santi Cosma e Damiano, orginari dell’Arabia, erano fratelli. Secondo certe fonti, non ritenute storicamente attendibili, erano gemelli.
Nacquero nella seconda metà del III secolo da genitori cristiani. A impartire loro la prima educazione alla fede dovette incaricarsi la madre, di nome Toedota, poiché il padre morì presto, durante la persecuzione della Cilicia. 

Dalla città natale per ragioni di studio furono inviati in Siria, dove appresero le scienze, specializzandosi in medicina. Si distinguevano per la solerte e benefica operosità verso i malati, con predilizione per i più poveri e gli abbandonati. 
La tradizione riferisce anche che curavano i malati senza mai chiedere una retribuzione. Ciò valse loro l’appellativo di “Santi Anargiri”, con cui passarono alla storia. La loro fama di uomini coraggiosi, di insigni benefattori, si sparse rapidamente in tutta la regione. L’attività di questi santi non si ridusse alla sola cura dei corpi. 
Nel loro esercizio professionale miravano anche al bene delle anime con l’esempio e la parola. Riuscirono a convertire al cristianesimo molti pagani. I santi Cosma e Damiano si imposero risolutamente una scelta di vita controcorrente rispetto al paganesimo imperante. Nell’Impero Romano, particolarmente nelle regioni orientali dove il cristianesimo si era propagato con più successo tra il 286 e il 305 d.c. sotto l’impero di Massimiano e di Diocleziano scoppiarono le persecuzioni. 

Le maggiori repressioni avvenivano nell’esercito, principalmente a causa del rifiuto da parte dei cristiani della milizia, oltre che delle cerimonie pagane e del culto dell’imperatore. In esecuzione dell’editto del 23 febbraio 303, i Santi Medici furono arrestati con l’accusa di perturbare l’ordine pubblico e di professare una fede religiosa vietata. Il loro processo si svolse al cospetto di Lisia, prefetto romano competente per il territorio della Cilicia. 
Minacciati da torture e di condanna alla pena capitale, si tentò in tutte le maniere di farli apostatare. I santi invece, risposero così ai loro persecutori: “Noi adoriamo solo il vero Dio e seguiamo il nostro unico Maestro Gesù Cristo”. 

Questa eroica resistenza servì di incoraggiamento per gli altri cristiani più titubanti e pavidi, anch’essi sottoposti al grave dilemma: abiurare, per aver salva la vita; o perseverare nella professione della fede e patire carcere, torture e morte seguendo Cristo sulla via della Croce. 
Dopo l’arresto e il processo i santi furono sottoposti a una serie di crudeli torture, nella vana speranza di farli recedere dal loro fermo proposito. Come primo castigo fu inflitta loro la fustigazione. 
Poiché i carnefici non ottennero di farli apostatare, legati mani e piedi furono gettati in mare da un alto burrone con un grosso macigno appeso al collo, per facilitarne lo sprofondamento. Miracolosamente i legacci si sciolsero e i santi fratelli riaffiorarono in superficie sani e salvi, accolti a riva da uno stuolo di fedeli festanti, ringraziando Dio per lo straordinario evento. 

Nuovamente arrestati, subirono altre dolorosissime prove. Condotti davanti a una fornace ardente, furono immersi nel fuoco legati con robuste catene. Le fiamme però non consumarono quelle membra sante, che uscirono ancora una volta indenni e fu tale il timore dei soldati che li avevano in custodia, da costringerli a fuggire precipitosamente. 
Il libro del “Martirologio” che ispira al citato Teodoreto ci informa che i santi Cosma e Damiano furono martiri cinque volte. Passarono infatti per le prove dell’annegamento, della fornace ardente, della lapidazione, della flagellazione per finire i loro giorni col martirio nell’anno 303 attraverso decapitazione.
A cura di Massimiliano Sisto.

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