Una reliquia che ha da sempre
affascinato il mondo degli storici, religiosi e anche di coloro che svolgono
pratiche legate all’occultismo, è quella del Santo Graal.
Il Santo Graal
compare nei dettati evangelici quando Gesù consuma l’Ultima Cena, ed in particolare
san Luca scrive: (Luca, 22, 14-18) “Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli
apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa
Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più,
finché essa non si compia nel regno di Dio”. E preso un calice, rese grazie e
disse: “Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento
non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio”.”
Il
calice quindi identificato con il nome di Santo Graal è quello quindi usato da
Gesù nell’Ultima Cena di cui ne fanno menzione i vangeli sinottici.
Il termine
Santo Graal deriva dal francese antico indicante una coppa o un piatto e
probabilmente deriva dal latino medievale gradalis, con il significato di
"piatto", o dal greco κρατήρ (kratḗr "vaso").
Legato al
Calice dell’Ultima Cena si è scritto molto, e molti identificano il termine
Santo Graal con l’etimologia francese di “Sang real”secondo cui questo oggetto
fu usato da Giuseppe di Arimatea per conservare gocce di sangue stillanti dalla
ferita al costato di Gesù durante la preparazione del corpo.
Il calice poi
sarebbe arrivato sulle coste provenzane con una imbarcazione secondo la quale
avrebbe portato Maria Maddalena e le altre donne con i seguaci di Gesù che
sarebbero scappate da Gerusalemme dopo i fatti accaduti il venerdì prima della
pasqua ebraica.
Ovviamente questa ricostruzione vorrebbe che la Maddalena
avrebbe avuto un figlio da Gesù che avrebbe poi costituito l’inizio della
discendenza dei carolingi, da qui l'identificazione di sangue reale.
Ma ovviamente storicamente non
ci sono prove ma sono solo miti che si sono sviluppati nel tempo per dare
maggior vigore al controllo e prestigio dei re carolingi sul loro regno.
Storicamente,
invece sono comparsi diversi calici, tutti di fattura medievale di cui la chiesa
non ha espresso parere positivo per la venerazione, tranne che per uno quello
di Valencia.
La Sacra coppa di Valencia è oggi l’unica reliquia di cui la
Chiesa Cattolica non abbia mai dubitato sulla veridicità ritenendola venerabile.
Il calice
ipoteticamente utilizzato da Cristo sarebbe una delle tre parti ovvero quella
superiore che attualmente è custodita nella cattedrale della città spagnola.
La coppa è sorretta da
una struttura-montatura di oreficeria, con due manici, di epoca medievale, la coppa si presenta realizzata con agata cornalina orientale di 9,5 cm di diametro e 7 cm di altezza,
datata fra i secoli II e I a.C. proveniente da Antiochia (Siria) o Alessandria
(Egitto).
Infine vi è un nodo d’oro che lega i manici alla coppa con un
ornamento sulla montatura, decorata con pietre preziose e perle.
Si narra che sia stata
portata a Roma da Pietro e Marco; questo calice sarebbe stato usato per
celebrare l’Eucaristia sino a Papa Sisto II, a supporto di codesta tesi vi è
quella del canone della celebrazione eucaristica intonata dai papi coevi a
Sisto II, diversa sia da quello orientale che da quello occidentale, infatti recitava:
‘Dopo la cena, prese questo glorioso calice’ (hunc praeclarum calicem); mentre le formule orientali e occidentali recitano: ‘Prese il calice’.
Questa differenza nella formula fa supporre che
all’epoca i papi sapevano che si trattasse dello stesso calice usato da Gesù.
A seguito delle persecuzioni romane imposte dall’Imperatore Valeriano, Papa
Sisto II lo consegnò al diacono Lorenzo di Huesca il quale lo nascose in un monastero sui
Pirenei dove fu conservato in segreto sino alla cacciata mussulmana e quindi
poi dall’anno XI dopo la Reconquista spagnola, il calice fa la sua ricomparsa e di qui la storiografia è pressoché’ certa.
A cura di Sisto Massimiliano
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