domenica 23 settembre 2018

Le reliquie della Passione tra storia e fede: il Sacro Catino.



Il Sacro Catino è il piatto dove Gesù consumò l’ultima cena e secondo alcuni esso è da considerarsi il vero Santo Graal. 
Nei Vangeli la cronaca dell’ultima cena  è parallelamente simile, San Matteo (Matteo 26,20-30) “Quando fu sera, si mise a tavola con i dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità vi dico: Uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io, Signore?» Ma egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Certo, il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell'uomo se non fosse mai nato». E Giuda, il traditore, prese a dire: «Sono forse io, Rabbì?» E Gesù a lui: «Lo hai detto». Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati. Vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».” 
Il Sacro catino raggiunse Genova dove ancora oggi è custodito nel Tesoro della Basilica di San Lorenzo sino dal termine della Prima Crociata portato in occidente ad opera di Guglielmo Embriaco.
 Il catino è un vaso esagonale di materiale trasparente verde brillante. Nel tempo in cui venne portato a Genova si credette che fosse di smeraldo. 

Il Sacro Catino finì in frantumi durante la sua permanenza in Francia e fu oggetto di vari restauri: il primo nel 1908, nel 1951, e infine nel 2017. 
Lo studio dell'oggetto realizzato durante il periodo di presenza in Francia da parte dell'Académie des sciences dell'Institut de France stabilì che si trattava di cristallo bizantino e non di smeraldo. 
Gli studi seguenti avrebbero postdatato l'opera ritenendola un manufatto islamico del IX-X secolo.

A cura di Sisto Massimiliano

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