sabato 11 aprile 2020

I racconti della Passione: L'ordine della Pietà Venerdì santo 7 aprile 1944



Venerdì Santo 7 aprile 1944. Ancora una volta la guerra con la sua cattiveria irrompe anche qui nella vita dei molfettesi e proprio di questo che si parla di cattiveria giustificata dal possibile attacco in ogni momento da parte delle forze aeree della Germania che come una fiera ferita a morte dava gli ultimi colpi di coda. 

Qui in città si era insediato a Palazzo De Lago il Town Major ossia il plenipotenziario che gestiva la città sia sotto il profilo civile che militare e aveva dato ordine che tutte le manifestazioni esterne per una questione di sicurezza non si sarebbero potute svolgere. 

Così come ogni Venerdì Santo si teneva il concerto a piè fermo delle marce funebri nei pressi della Chiesa del Purgatorio, anche quest'anno non si sarebbero svolte le tradizionali processioni. 

Sapendo che la processione non sarebbe sfilata quella notte il Priore decise di dare l'ordine alle pie donne di mettere gli abiti ordinari al simulacro della Pietà e prepararla per la riposizione nella teca dove era custodita per tutto il successivo anno. 


Al termine di questa mesta attività sia i confratelli che il priore uscirono fuori dalla chiesa per ascoltare il termine del concerto ormai iniziato, quando dal popolo che come non mai si era assiepato dinnanzi alla chiesa si levò dapprima un sussurro che divenne un crepitio sino ad esplodere. "VOGLIAMO LA PROCESSIONE".

 Il priore si vide costretto, quindi ad andare ad intercedere dal Town Major il quale assentì con due precise richieste: 1. La processione doveva uscire per le 5.00 mattutine e doveva ritirarsi per le 9.00 e che doveva solo sfilare il gruppo della Pietà; 2. La processione doveva passare al di sotto del Quartier Generale degli Alleati a Palazzo De Lago. 


Così si riattivò tutto l'apparato preparatorio della Sacra Immagine che osta nella sua vestizione ed all'ora convenuta ecco iniziare a sfilare il corteo. 

L'immagine della Pietà quindi passò la Porticella per andare verso la Villa Comunale ed iniziare a sfilare in quell'immensa piazza che è P.zza Garibaldi pian pian si avvia verso il Calvario per sfilare al di sotto Palazzo De Lago. 

Qui però le finestre erano tutte serrate, quasi a fare uno sgarbo sia ai molfettesi che a ciò che culturalmente significano per noi i nostri riti, la nostra cultura, la nostra storia. 

Così dondolante al suono del tamburo, quasi umiliata si avviava verso il gran portone del palazzo, ma appena il gruppo della Pietà era nei pressi del portone regio ecco si dischiusero sia le finestre del piano nobile che del portone dove comparirono sul primo il Town Major e gli altri componenti della giunta militare in alta uniforme mentre sul marciapiede si schierarono un picchetto d'onore militare che al passaggio del simulacro gli presentarono gli onori militari, mentre dal primo piano sino a tutto il passaggio del corteo gli ufficiali sull'attenti vedono sfilare la processione che si diresse verso via Vittorio Emanuele, solo allora si intonò il "Vexilla"che riportarono la processione alla dimensione storica che conosciamo ancora oggi.

Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio 

A cura di Sisto Massimiliano

venerdì 3 aprile 2020

I Racconti della Passione: l'Addolorata. Venerdì di Passione 28 marzo 1958






Venerdì di Passione 28 marzo 1958. Era pronta per la processione al centro della chiesa attendendo l'orario convenuto per portare per la prima volta in processione il rifacimento della settecentesca immagine della Addolorata.




Qui vengono ad ammirare la nuova immagine artisti, esperti quindi un nugolo di intellettuali che inizia a radiografare la sacra immagine. 


Quell'anno ad accompagnarla, come aveva fatto per le precedenti immagini, non ci sarà Giulio Cozzoli il quale morì un anno prima, ma sicuramente il suo talento ha lasciato un segno indelebile nella storia della città di Molfetta oltre che nella Venerabile Confraternita della Morte. 

Ecco che gli astanti iniziano a radiografare l'immagine, ma c'è poco da notare in quanto dal lungo manto nero si intravedono solo il volto, le mani e la punta dei piedi. 


Disquisiscono su tutto, proprio su quegli elementi visibili e non persino dei capelli. 

Poi pian piano si spostano ammirando le altre immagini del Cozzoli poste ancora nelle teche chiedendosi quale fosse tra queste l'immagine da lui piu' apprezzata. 


Gli astanti convennero che fosse la Veronica del 1907 altri invece che fosse quella del Cristo Morto del gruppo della Pietà (anno 1908). 


Intanto la processione iniziò, e due zelatrici sedute ancora ultimavano il Rosario prima che la statua fosse presa dai confratelli così una disse all'altra di alzarsi e seguirla in processione ma l'altra rispose di avviarsi e così quando l'immagine fu alzata e fu intonato il Vexilla ecco sentire un pianto di una donna, una mamma che chiedeva alla Madonna perchè fosse capitata quella disgrazia nella sua famiglia. 



Incurante l'incedere dei confratelli portarono l'immagine della B. Vergine presso "la bocca spalancata, come la bocca geometrica di una fornace abbacinante" e "L'Addolorata si libra infatti, nelle ali svolazzanti del manto arabescato, quasi luttuosa, trasparente farfalla offerta alla vampa del sole, che la divora". 

Tratto dal testo "Diario per la Confraternita della Morte" di Orazio Panunzio. 

A cura di Sisto Massimiliano

lunedì 23 marzo 2020

I Racconti della Passione: 27 marzo 1948 La nuova immagine di San Pietro in processione.



27 marzo 1948 Sabato Santo. Ecco il gran tempo è arrivato. La nuova immagine di San Pietro è in processione ma con diffidenza viene accolta dai fedeli mentre invece i critici sono unanimi che è la più bella ed espressiva dei simulacri fatti dal Cozzoli. Anche questa notte come le altre il tempo non è stato clemente per questo anche questa notte viene divisa in due la processione. 

San Pietro e la Veronica vengono riparate nella chiesa delle Monacelle nella quale appena entrate le sorelle chiudono la porta ma lasciano i portatori nel loro interno, mentre mano mano le altre statue trovano riparo negli anditi condominiali. Ecco che da un palazzo patronale scende una donna con una fila di taralli che porta al forno, questa accattiva l'attenzione di tutti. Giulio Cozzoli quest'anno nn si e' visto nell'asciugare la nuova immagine di san Pietro.

Quella ragazza va, facendo lo slalom tra statue, confratelli ed altro va verso il forno di Gorizia dove lasci il tutto dicendogli che sarebbe passato da poco il suo tutore a pagare. Passata la pioggia intanto, la processione riprende e come avveniva per i precedenti anni anche quest'anno riprende da dove e' terminata per andare verso via roma dove c'era quella locanda con la T maiuscola, Ma alla richiesta dei confratelli ai bambini su dove stesse la statua e se il gallo avesse cantato, ma questi risposero che non avrebbe cantato più. 

Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio

venerdì 20 marzo 2020

I Racconti della Passione: Sabato santo 5 aprile 1947 E il gallo non cantò




Sabato santo 5 aprile 1947. Ultimo anno in cui sfilò per le strade della nostra città l'amata e ormai consunta immagine di San Pietro.


Essa era stata ricavata da una precedente immagine di un san Giuseppe ed era particolarmente cara ai molfettesi sia perchè aveva una incipiente calvizie e sia perchè apriva la processione con la sua iconografia del gallo muto. 


La prima di queste due particolarità rendeva cara l'immagine sopratutto ai bambini perchè durante il percorso scimmiottavano la sua espressione un po' attonita per il canto di quel gallo che gli ricordò le parole di Gesù che gli aveva predetto qualche ora prima che il gallo non avesse cantato prima di rinnegarlo per tre volte. 

Infatti ai bambini, specie quelli che seguivano la processione notturna, il caro San Pietro era per loro quasi come se fosse una icona per la malattia che molti di loro l'affliggeva: la tigna. 

Proprio per questo era vezzeggiato da codesti bambini festanti. 

Mentre per la seconda particolarità del fatto che apriva la processione è importante perchè segnava il momento in cui presso lo stradone di via Roma, all'epoca esistevano varie taverne ed una di queste era contrassegnata con una T maiuscola posta sulla insegna. 


Qui la processione si fermava al passaggio di ogni statua perchè era la prima e quindi quella più anelata da tutti in quanto il languore per le ore di processione già trascorse si faceva sentire e comune a tutti era la voglia di mangiare il tradizionale pizzarello. 


Immaginate che le cronache ci dicono che via roma non era neanche lastricata e quindi la processione passava su di una strada sterrata quasi. 

Inoltre quella zona era una zona popolare abitata essenzialmente da contadini ed allevatori, e proprio in quelle case ognuno aveva il pollaio o anche il cavallo (infatti lo si puo' notare, che in quei palazzi esistono grandi camerette all'interno dei portoni, proprio per ospitare tali animali da cortile) quindi essendo quasi l'alba quando la processione arrivava in quella strada andava da se che i galli lì presenti facessero da cornice e dessero voce a quel gallo muto vicino alla statua di san Pietro sia perchè venivano svegliati dal suono della grancassa sia perchè era l'ora in cui normalmente annunciavano il nuovo giorno e per questo che per molti molfettesi l'anno dopo non accettarono di buon grado che il nuovo San Pietro rimpiazzasse quello vecchio.

Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio 

A cura di Sisto Massimiliano

mercoledì 18 marzo 2020

I Racconti della Passione: Sabato Santo, Finale a sorpresa.



Prima della riforma liturgica del "Novus Ordo" del 1956 con cui veniva riformata l'intera liturgia dei riti della Settimana Santa, succedeva che la processione della Pietà usciva alla mezzanotte del Sabato Santo per sfilare per due terzi nel buio della notte e solo per un terzo di giorno abbracciando la Pasqua che era annunciata con lo scampanio delle campane.

Tale melodia partendo dalla Cattedrale poi si propaga in tutta la città.

Per circa una decina di volte era accaduto che nel regno del Vescovo Pasquale Gioia a seguito dei tesi rapporti che questi aveva verso le confraternite e i riti esterni qualcosa non aveva funzionato. 

Infatti si ricorda che una volta mentre la Pietà si stesse ritirando con alle due ali le statue che l'accompagnavano, sotto le struggenti note dello "Stabat Mater", si avviava portata dai sacerdoti per la ritirata, quando successe l'inverosimile: fu annunciata la Pasqua con lo scampanio.

 Così la Pietà dovette letteralmente essere caracollata nella Chiesa del Purgatorio perchè quella immagine ormai strideva con il gaudio e la festa ancor più accentuato dal fatto che persino la banda cittadina aveva lasciato di intonare quella marcia funebre per suonare l'inno reale ed altre marcette; alla gente poco interessava adesso che vi fosse ancora lì l'immagine della Madre col Figlio esanime in strada. 

Così la Pietà fu ceduta ai portatori che facendosi largo tra due ali di folla festante rovinosamente la portarono in chiesa chiudendo il portone ma lasciando le altre immagini fuori quasi fossero spettatori di un dramma consumato. Solo dopo essersi calmate le acque queste furono portate all'interno del tempio sacro. Era terminato un altro Sabato Santo ma con sorpresa! 



Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio 

A cura di Sisto Massimiliano

venerdì 13 marzo 2020

I Racconti della Passione: La Processione mancata 4 aprile 1941.





Immaginatevi un anno senza i tradizionali riti della Settimana Santa; eppure è stato così per il Venerdì di Passione del 4 aprile 1941 quando a causa della guerra furono bandite tutte le manifestazioni esterne in tutta Italia,tra cui le nostre amate processioni.


 Gli annali raccontano che in quel giorno, la giornata era rilucente, si sentivano nell'aria odori primaverili e che il brunire di quel pomeriggio che fa volgere il calare del sole con quel suo rossore che si spegne dietro al Santuario della Madonna dei Martiri sembra essere tinto di un dramma mai consumato: la processione mancata. 




Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio

A cura di Sisto Massimiliano

mercoledì 11 marzo 2020

I racconti della Passione: Una strana processione Sabato Santo del 1934.



Vi racconto questa storia avvenuta nella nostra diocesi e che sebbene sia ricordata da Orazio Panunzio sempre nel libro "Diario per la Confraternita della Morte" appartiene alla storia della citta' di Molfetta che e' indissolubilmente legata ieri come oggi alle tradizioni pasquali. 

Era il 1934 e standosi per concludere il Giubileo Straordinario per ricordare il diciannovesimo anniversario della venuta dell'Uomo-Dio. 

Cosi' nella Settimana Santa di quell'anno ci fu uno stravolgimento delle nostre tradizioni infatti quell'anno il gruppo della Pieta' fu portato in processione per le vie del Borgo il Venerdì di Passione e fu fatto sostare in Cattedrale sino al Martedì Santo quando poi solennemente alla presenza di tutto il Clero, delle autorità civili e militari fu riportata nella chiesa del Purgatorio facendo una processione assolutamente nuova: Corso Dante, via Sant'Angelo, Via Sigismondo, Via Ten. Ragno, via San Benedetto e poi a seguire via San Domenico e corso Dante. 

Sempre quell'anno il Vescovo decise che la processione del Sabato Santo uscisse all'una di notte e che al posto del gruppo della Pieta' fosse portata in processione la sacra immagine della Addolorata. 

Tratto da Orazio Panunzio sempre nel libro "Diario per la Confraternita della Morte"

a cura di Sisto Massimiliano

martedì 10 marzo 2020

Le Marce Funebri Molfettesi: Vincenzo Valente "Conza Siegge"



La composizione dapprima intitolata “Pianto Antico”, poi, il Maestro, secondo la tradizione, insoddisfatto per non essere riuscito a trovare un degno finale, si ispirò al grido lamentoso di un riparatore di sedie, il quale girava per le strade offrendo il suo lavoro.


La composizione si apre in Sol minore e prosegue con una successione di accordi (Sol min., Sol dim. Etc) che conferiscono imponenza e tragicità alla marcia.


Il primo tema, quello predominante, viene elaborato a tal puto da essere riutilizzato nella seconda parte in altra forma.


Dopo una prima esposizione in Sol min., si passa in Mi bem. Magg., per poi riprendere il frammento introduttivo che sfocia nel magnifico tema in Si bem. Min. affidato ai flicorni.


Dopo l’esposizione di quest’ultimo, il Maestro, con un accordo di strepitoso effetto (Do 7 min.) conclude la marcia in Fa maggiore.

Per ascoltare la marcia funebre descritta ecco il link dove trovarla:

https://www.youtube.com/watch?v=oW9MdUaiPNM

Tratto da “Note storiche e tecniche sulle marce funebri molfettesi” di Damiano Binetti e Nicola Romanelli edito da Cooperativa Editoriale “Molfetta”- Il Messaggio 1990

A cura di Sisto Massimiliano


I racconti della Passione: La Maddalena derisa. 28 marzo 1929.


Santa Maria Maddalena uscita nella processione del 1928 

Giovedi' Santo. Come ogni giovedì santo è tradizione dopo la Messa in Cenae Domini girare per i "Sepolcri"ma il 28 marzo del 1929 fu un anno particolare. 
Infatti quel giorno era aperta una Chiesa che non piu'lo era da ormai oltre un secolo, ed in quel giorno vedeva dischiudersi l'uscio per attirare e far mirare nel suo interno sia le sue opere d'arte che le statue della passione: La chiesa di Santa Maria del Pianto o meglio nota col titolo della Morte. 
Qui in quell'anno nel primo cimitero cittadino dopo vario tempo si e' iniziata una nuova pratica ossia quella di deporvi i simulacri che mai piu' sarebbero piu' usciti in processione perche' sostituiti da quelle care immagini che noi tutti conosciamo. 
In quell'anno fu portata la nuova statua di Maria di Maddalena che risultava stridere rispetto alle altre in posizione eretta. Amministratore pro-tempore della diocesi era Mons. Pasquale Gioia. 
Il Reverendissimo Vescovo impose che le statue che dovevano portarsi in processione dovevano essere tutte statue di legno, ed evidentemente il nostro scultore Giulio Cozzoli non lo lavorava. 
Cosi' si decise di fare fare un bozzetto della nuova immagine in sostituzione del Calvario al Cozzoli ma di farla realizzare da Ortisei. 
Santa Maria Maddalena uscita in processione sino al 1954

Cosi' fu fatto, e la nuova Maddalena prese parte alla processione di quell'anno e fu esposta anche nel Sepolcro artistico. 
Intanto due bontemponi si affacciarono all'uscio della chiesetta e videro la bella Maddalena seduta al centro del tempietto ed iniziarono quasi a schernirla, intanto stava uscendo una donna anziana che con fare seccato guardo' laconicamente i due visitatori che con la loro presenza avevano rotto la sacralita' del momento, e disse con un filo di voce passando affianco a quegli: "Due volte sciagurati".


Tratto dal libro "Diario per la Confraternita della Morte"scritto da Orazio Panunzio

A cura di Sisto Massimiliano


giovedì 5 marzo 2020

I Racconti della Passione: Sabato Santo 1924.




Sabato Santo 19 aprile 1924. Era passata la mezzanotte che la processione era gia' uscita e stava iniziando a salire la via Sant'Angelo quando inizio' dopo un lungo tuono a diluviare, vi fu il fuggi fuggi generale e le immagini sacre dovettero trovare posto nei vari portoni lungo la strada. 

Qui la nuova statua di Maria Cleofe entro' in un portoncino vicino a palazzo Gadaleta da dove all'udire quella visita inaspettata iniziarono ad uscire tutti i condomini.

 Gente umile, modesta. Infatti dopo aver chiesto il permesso di poter restare iniziarono a recitare il Rosario e prima del termine delle litanie ecco sopraggiungere Giulio Cozzoli. 

Egli come suo solito seguiva le processioni, ma quella di quell'anno per lui era speciale perche' sostitui' la precedente immagine della Cleofe con una nuova a causa del fatto che la prima risultava essere piu' alta delle altre. 

Ecco lui con dovizia dopo aver salutato gli astanti inizio' ad accarezzare, pulire ed asciugare la statua proprio per evitare che si deteriorasse. Intanto scesero due belle signore che attirarono l'attenzione dell'artista e che quasi in atteggiamento di sfida restarono di fronte al simulacro. 


Erano belle. Intanto che il Cozzoli asciugava la scultura si sente rombare la grancassa che richiamava a raccolta i confratelli in quanto la pioggia era terminata, quindi si riprese la processione e la stessa Cleofe fu portata al di fuori del portone prontamente, e l'artista giratosi per salutare le visitatrici vide che erano svanite come quel momento passato in contemplazione della sua creazione tanto che sussurro' che le "Cose belle durano attimi".

Tratto e riletto da "Diario per l'Arciconfraternita della Morte" di Orazio Panunzio.


A cura di Sisto Massimiliano