venerdì 3 aprile 2020

I Racconti della Passione: l'Addolorata. Venerdì di Passione 28 marzo 1958






Venerdì di Passione 28 marzo 1958. Era pronta per la processione al centro della chiesa attendendo l'orario convenuto per portare per la prima volta in processione il rifacimento della settecentesca immagine della Addolorata.




Qui vengono ad ammirare la nuova immagine artisti, esperti quindi un nugolo di intellettuali che inizia a radiografare la sacra immagine. 


Quell'anno ad accompagnarla, come aveva fatto per le precedenti immagini, non ci sarà Giulio Cozzoli il quale morì un anno prima, ma sicuramente il suo talento ha lasciato un segno indelebile nella storia della città di Molfetta oltre che nella Venerabile Confraternita della Morte. 

Ecco che gli astanti iniziano a radiografare l'immagine, ma c'è poco da notare in quanto dal lungo manto nero si intravedono solo il volto, le mani e la punta dei piedi. 


Disquisiscono su tutto, proprio su quegli elementi visibili e non persino dei capelli. 

Poi pian piano si spostano ammirando le altre immagini del Cozzoli poste ancora nelle teche chiedendosi quale fosse tra queste l'immagine da lui piu' apprezzata. 


Gli astanti convennero che fosse la Veronica del 1907 altri invece che fosse quella del Cristo Morto del gruppo della Pietà (anno 1908). 


Intanto la processione iniziò, e due zelatrici sedute ancora ultimavano il Rosario prima che la statua fosse presa dai confratelli così una disse all'altra di alzarsi e seguirla in processione ma l'altra rispose di avviarsi e così quando l'immagine fu alzata e fu intonato il Vexilla ecco sentire un pianto di una donna, una mamma che chiedeva alla Madonna perchè fosse capitata quella disgrazia nella sua famiglia. 



Incurante l'incedere dei confratelli portarono l'immagine della B. Vergine presso "la bocca spalancata, come la bocca geometrica di una fornace abbacinante" e "L'Addolorata si libra infatti, nelle ali svolazzanti del manto arabescato, quasi luttuosa, trasparente farfalla offerta alla vampa del sole, che la divora". 

Tratto dal testo "Diario per la Confraternita della Morte" di Orazio Panunzio. 

A cura di Sisto Massimiliano

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