giovedì 27 dicembre 2018

Capodanno in Piazza a Toritto con gli artisti molfettesi dell'Havana Group.


L'HAVANA GROUP con i suoi fantastici "attori" e mattatori il Dj Enzo Farinola e la vocalist La Grimilde (Tiziana Minervini) saranno protagonisti del Capodanno in piazza nella città di Toritto. Una piccola grande manifestazione partita dalla capacità organizzativa e dalla brillante mente di Miky Falcicchio presidente dell'Associazione culturale La Fenice nonché presentatore e talent scout con una carriera da ex modello.
Sul palco nella ricca scaletta ci sarà il divertentismo più puro oltre che artisti del calibro nazionale e internazionale infatti è prevista l'esibizione della star indiscussa della musica dance degli anni '90 Regina che si esibirà presentando i suoi cavalli di battaglia ad affiancarla ci sarà la presenza del dj Paolo Noise mattatore del programma Lo Zoo di 105, a seguire l'esibizione del rap pugliese Reckless e per tutta la notte le note dei grandi successi dance mixati dall'Havana Group di Molfetta.
Enzo Farinola e La Grimilde noti anche come gli Havana Group, presenti sul territorio pugliese dal 1991, dedicano la loro vita all’intrattenimento musicale al divertimento oltre che ad essere la colonna sonora ormai di diverse generazioni della vita notturna, impegno fatto sempre con grande passione, dedizione e anche un pizzico di follia. Puoi seguirli su Facebook e YouTube in quanto sono autori del format denominato "Havana vintage mix" ovvero 15 minuti di musica dance anni ‘90 mixata interamente con i vinili.
La professionalità e l'impegno profuso nel corso di questa lunga e sfavillante carriera li hanno portati a farsi conoscere, quindi anche fuori dalla cerchia molfettese infatti il grosso riconoscimento è proprio quello che saranno loro i mattatori della notte più lunga dell'anno accompagnando la piazza verso l'alba del nuovo anno, quindi invitiamo tutti i molfettesi e non solo a partecipare a questo evento che sarà un momento di festa e divertimento allo stato puro.

Massimiliano Sisto

sabato 8 dicembre 2018

Il dono più grande: una goccia di sangue per la solidarieta'.


Come consuetudine invalsa da oltre un decennio, la Venerabile Arciconfraternita di Santo Stefano con sede in Molfetta nei pressi della propria chiesa patronale, ha organizzato anche quest'anno la donazione sangue.

Una lunga marcia voluta nel corso delle varie amministrazioni che si sono susseguite e che continuano a farlo nel solco della solidarietà e del dono.

Un modo per rendere più vicino e fattivo la parola di don Tonino sulla chiesa del grembiule, così seguendo questo insegnamento anche il pio sodalizio ha voluto contribuire per rendere fattivo tale intuizione del venerato presule.

La manifestazione si terrà domenica 9 dicembre dalle ore 8.00 sino alle 12.00 presso la Chiesa di Santo Stefano in Molfetta dove una autoemoteca effettuerà le donazioni.

Si ringrazia quanti vorranno partecipare a questo bel gesto di solidarietà fatto nel periodo natalizio.

A cura di Sisto Massimiliano.


Tota Pulcra es Maria.



Bisogna andare nel corso dei secoli sino al VII d.c. in Oriente per trovare tracce della prima festa liturgica in onore dell'Immacolata Concezione.
In occidente solo a partire dal 1695 con Papa Innocenzo XII venne istituita la solennità della Vergine Concetta Immacolata con una Messa e Ottava rivolta a tutto il cattolicesimo  mentre con Papa Clemente IX divenne festa di precetto. 

Così il dibattito tra mucalitisti e immacolatisti si accese sempre più tanto che nel 1848 Papa Pio IX decise di istituire una commissione teologica che poi portò nel 1854 Pio IX a proclamare il Dogma della Beata Concezione di Maria Vergine. 
Il dogma si focalizzava su due linee: il peccato originale e la vittoria su di esso per mezzo della grazia di Cristo attraverso la sua nascita avvenuta per mezzo di Maria.


Anticamente la festa dell'Immacolata era una delle feste di popolo molto sentita; nella nostra città, infatti se storicamente la Confraternita dell'Immacolata aveva come fine principale quello di poter fare sposare le donne nubili senza dote consegnando loro il necessario per maritarsi. 
In tempi più recenti l'8 dicembre segnava il momento di conoscenza dei promessi alle rispettive famiglie per lo scambio dell'anello che avrebbe portato poi i nubendi a convogliare a giuste nozze.

 Inoltre l'8 dicembre era anche il giorno in cui vi era il pagamento delle pigioni delle attività lavorative dei campi, infatti coincideva anche col termine della raccolta delle olive e l'inizio quindi di un nuovo anno agrario.

Per fare riferimento all'arrivo del simulacro nella Chiesa di San Bernardino dobbiamo risalire agli scritti pastorali di Monsignor Sarnelli infatti, egli nel suo scritto datato 15 settembre del 1726 descriveva oltre il simulacro anche il percorso che esso effettuava in processione per le vie della città. 

Quindi lo stesso e' presumibilmente databile tra la fine del '600 e la prima decade del '700, anche perché notizie precise dell'arrivo dello stesso non si posseggono. 



Dopo il restauro avvenuto nel 2006 l'immagine della Vergine ha ritrovato i suoi fasti di un tempo, infatti sono stati riportati alla luce la varietà policroma dei colori che è proprio della scuola napoletana secentesca nella raffigurazione della Madonna Immacolata, la figura è orante, trasfigurata nel "Fiat" pronunciato all'angelo nel momento dell'Annunciazione, è posta come dalla iconografia apocalittica su di una mezzaluna a calpestare "il serpe antico" che le morde il calcagno.
L'immagine lignea è ascrivibile allo scultore napoletano Brodaglio.



A cura di Sisto Massimiliano
Foto di Giuseppe Roppo.


giovedì 6 dicembre 2018

Un santo, orgoglio della città di Bari: San Nicola da Myra.



La leggenda narra che 62 marinai baresi in competizione con Venezia progettarono il furto delle reliquie da Myra in Italia. 

La necessita' della traslazione fu dovuta essenzialmente a motivi legati all'avanzata turca in territorio bizantino. Infatti prima che avvenne la presa di Myra ad opera turca i marinai baresi tra cui i sacerdoti Lupo e Grimoldo uniti all'armatore Dottula partirono per Myra e con una scusa entrarono nella Chiesa dove erano custodite le reliquie del Metropolita, e senza spargere sangue aprirono la cripta sotto l'altare e videro che le ossa erano poste in modo ordinato tutte avvolte dalla Sacra Manna profumata del santo che ancora oggi viene raccolta attraverso un sistema di tubi che e' presente sotto l'altare ortodosso della cripta della Basilica di San Nicola di Bari in Bari. 

Cosi' l'8 maggio del 1087 avendo preso le reliquie arrivarono in Bari di notte e subito corsero a chiamare il Vescovo e l'Abate Elia, fu infatti Elia che accolse di fatto le reliquie sulla spiaggia di Bari.
Una volta in città le reliquie divennero motivo di diatriba sulla loro collocazione definitiva, alcuni volevano porle nella Chiesa Cattedrale altri in quella di San Michele cosi' fu deciso dai buoi dove conservarle.

I buoi quindi decisero di dirigersi verso la chiesa di San Michele in Bari e qui restarono sino a quando fu nominato Vescovo l'Abate Elia che decise la costruzione della splendida Basilica che ancora si staglia sulla città di Bari. 
La nuova basilica fu consacrata da Papa Urbano II che pose sotto l'altare della cripta le Sante Reliquie di san Nicola tutt'oggi venerate sia dai cristiani d'occidente che da quelli di oriente. 

La spedizione barese come detto era stata decisa in competizione a quella veneziana, infatti stiamo parlando del 1087 quindi in pieno medioevo e in ogni città sopratutto quelle piu' importanti volevano legare il loro nome a quello di importanti santi per attivare i lucrosi pellegrinaggi che avrebbero dato impulso economico, e Bari essendo un porto commerciale importante quale crocevia dei carichi che salivano dall'oriente e che venivano poi trasportati in tutto l'impero bizantino peninsulare italiano, non volle essere da meno.



Invero nella chiesa di San Nicolò a Venezia Lido sono custodite alcune reliquie di San Nicola trafugate dai marinai veneziani dopo che quelli baresi avevano prelevato dalla cripta della chiesa di Myra il corpo del santo, trattasi comunque di frammenti ossei che trasudano anch'essi la Santa Manna.

A cura di Sisto Massimiliano
Foto di Giuseppe Roppo

sabato 1 dicembre 2018

"La fontana del Villaggio": La Chiéseie noeve. Le cisterne presenti nel territorio parrocchiale.



Le cisterne presenti nel primo ed originario territorio parrocchiale erano 3:
1.       Cisterna del Convento di San Domenico in Soriano;
2.       Cisterna in Piazza Immacolata;
3.       Cisterna in Largo Paradiso.
L'imboccatura della cisterna presente in piazza Immacolata

La prima delle tre è di fatto la più antica infatti era in uso sino dal XV secolo dalla Università cittadina ed insisteva nei fondi di proprietà Petrello Colletta e Antonio Gadaleta in rispondenza della località Pozzo dei Cani. Il primo costituì, poi un diritto di beneficio sulla parte della sua vigna che assegnò ai Nesta, e le fonti catastali indicano che fu goduto da tale casata cittadina sino al XVIII secolo, come compare nell’Apprezzo del 1751. Nel 1737 tale piscina risultava in disuso e la metà del fondo di proprietà dei Gadaleta venne ceduto per donazione al Convento dei Padri Domenicani. Nel 1835 poi su questo fondo acquistato dal Sergio Poli costruttore, questi vi costruì la sua abitazione occupando la piscina comune e per questo fu querelato e dovette abbattere la parte che insisteva su di essa. Nel 1876 si attuarono lavori di adeguamento affidandoli all’arch. Corrado de Judicibus il quale elaborò il progetto che prevedeva l’incanalamento delle acque meteoriche di prima pioggia rivenienti dalle gronde del tetto della chiesa domenicana attraverso un sistema di tubi di zinco lunghi circa 24.63 m questo nella parte settentrionale mentre nella parte meridionale il sistema di tubi previsto era lungo circa 32.70 m. Si precisa che nel tempio erano presenti anche le nevaie, come attesta già un atto del 5/7/1638, che nel progetto del de Judicibus divennero parte del sistema di raccolta delle acque meteoriche ivi insistenti considerandole come piscine.
Particolare della cisterna

La seconda Cisterna presente nel territorio parrocchiale era quella di Piazza Immacolata. La costruzione della Piazza avvenne sul progetto detratto a seguito del piano regolatore del 1876. Sicuramente la cisterna ivi costruita fu una delle ultime, se non proprio l’ultima e  questa venne realizzata a ridosso del fondo di Cappeluti Mauro Sergio dove poi verrà costruita la chiesa. Il progetto della costruzione della cisterna venne sviluppato già nel 1866 dall’Ing. Pantaleo Poli ma non fu portato a termine perché i fondi vennero dirottati per terminare la costruzione della Cisterna in Largo Paradiso. L’opera prevedeva uno scavo a punta di picone, data la vicinanza all’abitato non potevano essere usate cariche di dinamite, per la creazione di un invaso di mt. 20 per mt. 6 avente una profondità di 8.00 mt anche in questo caso serviva a convogliare le acque di prima pioggia rivenienti dal tetto della istituenda chiesa. Il progetto prevedeva l’esistenza di due camere una più piccola e una più grande in cui convogliare nella prima l’acqua raccolta e attraverso un sistema di pompe passare in quella più grande per essere infine attinta.
Il pozzo presente nella Chiesa dell'Immacolata dove venivano
raccolte le acque meteoriche di prima pioggia che venivano inviate 
alla cisterna

L’ultima cisterna delle tre fu fortemente voluta nel Consiglio Comunale del 1883 a seguito della espansione demografica e di quella edile presente nell’area tra il Rione Annunziata e quello Immacolata. Il progetto esecutivo della costruzione però si arenò per tre anni in quanto nelle regie casse comunali la somma necessaria alla costruzione non era bastevole. Infatti bisognò aspettare il 1886 per trovare i fondi necessari per la realizzazione dell’opera, quindi fu dato mandato all’Ingegner Gaetano Valente di progettarla in ogni minimo dettaglio entro però il vincolo della somma stanziata dal sindaco pro-tempore Luigi Epifani ostante in lire 4000 a fronte di una spesa complessiva prevista di lire 4203. Non essendovi nelle vicinanze chiese o edifici pubblici da cui far incanalare le acque meteoriche si scelse di convogliare le acque di prima pioggia che cadevano sul selciato dalla parte settentrionale del largo in quanto più pulite. Proprio per la sua conformazione topografica largo Paradiso è inclinato e quindi la scelta del punto di convogliamento delle acque risultò essere quella vincente, l’invaso ostante in una unica camera che avrebbe potuto convogliare un qualcosa come circa 700 metri cubi d’acqua fu innovativo per quel tempo, dovendo provvedere a un fabbisogno sempre più crescente di questo bene prezioso. Ma uno dei problemi che si incontrò era quello che non tutte le strade nelle vicinanze del largo, e neanche il largo stesso era pavimentato, per questo l’ingegnere previde che si creasse un pozzetto di decantazione dove poi attraverso un sistema di filtri l’acqua ivi raccolta veniva sversata nella piscina. L’invaso aveva una larghezza utile di circa 17.00 mt. e una ampiezza di circa 5.00 mt. ed una altezza di 6.00 mt.; la vasca di sedimentazione invece era lunga circa 4.50 mt. larga e profonda 3.00 mt.
Particolare del pozzo presente nella chiesa dell'Immacolata.
Grazie a questi interventi e a queste opere pubbliche create o innovate alla fine del XIX secolo ei primi trent’anni del novecento il problema igienico sanitario tese a ridursi complessivamente ma, scrive Aldo Fontana in un suo studio condotto “Sulle opere di risanamento del Comune di Molfetta in rapporto alla morbilità tubercolare” realizzato sulla base dell’attività svolta dal dispensario antitubercolare cittadino in relazione alle condizioni urbanistiche e demografiche conclude che nella parte antica della città la mortalità tubercolare, legata alle condizioni igieniche migliori e all’accesso all’acqua, in modo particolare, più facilitato rispetto a quella dei quartieri “nuovi” dove il rischio di contagio era più elevato e la mortalità era tre volte superiore, a causa della presenza di classi sociali meno facoltose e con un accesso all’acqua meno facilitato, al fine di evitare epidemie come già avvenuto in passato fu prevista la realizzazione di due cisterne quasi una vicina all’altra (Piazza Immacolata e Largo Paradiso) ma risultava parimenti che il numero dei soggetti colpiti da tale malattia tendenzialmente andava ad azzerarsi. Infine a seguito dell’approvazione del piano regolatore parziale del 1925 e di quello totale del 1934 si è avuto un incentivo alle opere pubbliche volte proprio a migliorare le condizioni igieniche grazie alle quali l’acqua veniva erogata da ben 22 fontane pubbliche e tra la Molfetta nuova e vecchia circa 6000 famiglie disponevano di acqua pulita in casa.
Ricordiamo inoltre che il sito della Chiesa e della Cisterna è stato oggetto di una delle giornate del Fai sez. Molfetta, mostrando parti inaccessibili dell'edificio sacro ai visitatori nell'ottobre del 2018 in concorrenza della Giornata Nazionale Fai di Autunno.
A cura di Sisto Massimiliano
Foto di Gianluca de Ruvo
Con la partecipazione di Giacomo Ciccolella.

venerdì 30 novembre 2018

"La fontana del Villaggio": la Chiéseie noeve". La storia.



Molfetta nella seconda metà dell’ottocento era tra le 20 città del Mezzogiorno ad avere una popolazione superiore alle 20.000 unità non contando i borghi che gravitavano intorno alla città, quindi il fabbisogno di acqua a scopi civili e sanitari aumentò. Le autorità ecclesiastiche ben previdero questo problema e per questo Mons. Costantini sentendo la necessità di dover offrire servizi spirituali per curare le anime del nuovo quartiere che si era sviluppato oltre il Rione Annunziata, decise di inviare il 13 dicembre del 1845 con una lettera indirizzata al Re e al Ministero degli Affari ecclesiastici del Regno in cui chiedeva dei finanziamenti per la costruzione di una nuova chiesa: quella che nella dizione comune poi verrà chiamata Chiesa Nuova.

Sapendo le lungaggini burocratiche il prelato si rivolse alla Confraternita dell’Immacolata che aveva l’uso di una cappella nella chiesa di San Bernardino per zelare il proprio culto, e in quegli anni, tra l’altro, era in controversia con la confraternita del Monte di Pietà proprio sull’uso degli spazi comuni della Chiesa.

Pertanto essendo questo sodalizio una delle confraternite più ricche della città, non avendo un proprio luogo di culto, il vescovo propose a questi di sobbarcarsi l’onere della costruzione della chiesa, ma i sodali invero erano molto più interessati alla costruzione della Cappella nel nuovo cimitero più che a sobbarcarsi l’onere della costruzione di un nuovo istituto sacro.

Così il Vescovo fece recapitare una missiva al padre spirituale della confraternita in cui spiegava i costi che si sarebbe dovuto sobbarcare il sodalizio per la costruzione del nuovo tempio ovvero circa 4000 ducati esclusi gli onorari e si richiedeva quindi l’investimento della rendita annua dei 341 ducati che la confraternita aveva derivanti da lasciti e legati oltre che alla richiesta di un prestito alla Cassa Provinciale degli Ospizi mutuando i propri beni in proprietà, arrivando persino a supporre che il sodalizio chiedesse un prestito al Monte di Pietà locale.

Fatto resta che la confraternita non volle sobbarcarsi questo onere, ma intervenne un fatto nuovo, infatti l’8 dicembre del 1854 Papa Pio IX emanò nella Bolla Ineffabilis Deus la definizione del dogma dell’Immacolata. Intanto successe alla guida della sede vescovile molfettese Mons. Nicola Maria Guida che forte della Bolla pontificia inviò una nuova istanza al Re di Napoli datata 22 giugno del 1855 chiedendo di edificare in Molfetta una nuova chiesa sotto il titolo di Immacolata Concezione.

Il presule non demorse e senza mezzi termini, e con un nuovo fitto carteggio il 30 marzo del 1859, rivolto al Re chiese di stornare dai fondi che annualmente inviava per la costruzione e per l’ampliamento del porto una somma da destinarsi alla costruzione della nuova fabbrica sino al suo totale completamento pari a 16.000 ducati, questo invito fu accolto dal sovrano: egli stabilì il 14 aprile del 1859 che ogni anno venissero stornati 3000 ducati in conto dei 16.000 richiesti dal pio vescovo sino a concorrenza per la costruzione del tempio sacro.

Così il Vescovo nel mese di settembre dello stesso anno espresse la volontà di assegnare il progetto della edificazione della chiesa dell’Immacolata all’ingegnere Corrado de Judicibus e il 22 maggio del 1860 l’Intendente di Bari facendo seguito agli accordi precedentemente siglati col re di Napoli chiese a chi fosse intestato l’assegno per la gestione dei fondi annui da impiegare nella costruzione del tempio; il prelato fece allora il nome di Stefano Salvemini nominato cassiere della gestione dei fondi necessitanti e pubblici per la costruzione del tempio e nel mese successivo venne a costituirsi il comitato esecutivo presieduto dal vescovo il cui coordinatore fu proprio l’ing. De Judicibus.

Intanto i capovolgimenti politici legati all’annessione col regno di Sardegna e la creazione del regno di Italia portano non pochi problemi per la costruzione della chiesa con diverse battute d’arresto a seguito della estensione della legislatura anticlericale sabauda partita nei territori del regno piemontese già a partire dal 1855 con la legge n. 878  estesa dal Parlamento italiano a tutto il territorio del regno con la legge n 3848 del 1867, in attuazione delle prescrizioni contenute nel regio decreto n. 3036 del 1866 che prevedeva di fatto l’abolizione degli ordini monastici e l’incameramento da parte dello stato dei conventi, rendite e chiese presenti sul territorio italiano impose anche per l’erigenda chiesa un arresto significativo.

Intanto alla guida della Diocesi fu nominato Mons. Gaetano Rossini sostituendo Mons. Guida spostato ad altra diocesi. Così si riaprì la necessità di trovare i fondi per il completamento della chiesa tali da attivare una gara di solidarietà tanto che il Salvemini, già cassiere dell’opera, acquistò il suolo della chiesa, l’ing. De Judicibus chiese di compenso solo 100 ducati per portare a termine l’opera.

Intanto il quartiere si ingrandiva e il numero di fedeli si attestava attorno alle 18.000 unità e la chiesa di San Gennaro non poteva provvedere più alle sue funzioni pertanto bisognava valutare la possibilità di istituire una nuova parrocchia. Così nel 1874 il 29 febbraio la deputazione per la costruzione della chiesa prende importanti decisioni: l’ubicazione fu decisa presso piazza immacolata sui terreni all’uopo acquistati dal Salvemini; fu ufficializzato l’incarico all’ing. Corrado de Judicibus che scelse quale impresa esecutrice dei lavori Benedetto Pansini fu Nicola e Vincenzo Cappelluti di Francesco determinando che i lavori non sono appaltati a corpo con contratto unico ma in base alle disponibilità finanziarie che di volta in volta si sarebbero trovate.

Così il vescovo stabilì che la benedizione della prima pietra avvenisse l’8 dicembre dello stesso anno edificando la chiesa sotto il titolo di Immacolata Concezione e Sacro Cuore di Gesù, titolo quest’ultimo che poi cadde in obblio. L’8 dicembre secondo le prescrizioni del Pontificale Romano dopo la celebrazione eucaristica avvenuta nella chiesa di san Gennaro il Vescovo col capitolo si reco’ in processione sino al luogo prescelto impiantando una croce di legno ove sarebbe sorto l’altare maggiore benedicendo l’opera.

La costruzione del sacro edificio poi, proseguì a ritmi lenti a seguito delle donazioni di materiale e di denaro che dai cittadini e dai notabili molfettesi erano versati per rendere fattiva l’opera e portarla a compimento. Ma tra il 1879 e il 1885 la fabbrica della chiesa ebbe una accelerazione e ciò fu dovuto essenzialmente alla buona congiuntura economica cittadina che trainata dall’apertura di opifici, cementerie e grazie allo sviluppo della cantieristica cittadina che offrirono ampie possibilità di introiti anche dai ceti più poveri della popolazione che contribuirono alla costruzione della chiesa attraverso piccole e copiose oblazioni.

Tra il 1883 e la fine del 1892 i lavori furono alacri tanto che si attuarono la realizzazione delle caritorie della volta maggiore per l’incanalamento delle acque di prima pioggia, e poi si passò agli intonaci, agli stucchi interni la chiesa; nel 1886 fu la volta della realizzazione del finestrone sulla porta maggiore, nel 1891 venne commissionato il quadro che campeggia sull’altare maggiore e il cappuccino Padre Vitangelo de Cesare rimontò e accordò l’organo che era della ormai distrutta chiesa di San Francesco oggi mercato ittico, infine il 09 novembre del 1892 si ebbe la chiusura delle volte del sacro edificio.


La chiesa fu aperta al culto ed al pubblico attraverso una solenne celebrazione e benedizione, già dal settembre del 1892, operata da don Nicola Samarelli primo sacerdote e rettore della nuova chiesa oltre che da Monsignor Pasquale Corrado nuovo vescovo di Molfetta e subito questi si adoperò presso la Curia Romana per lo smembramento della parrocchia di San Gennaro, l’elezione a parrocchia della Chiesa dell’Immacolata oltre che per il riconoscimento da parte delle autorità civili della stessa così come avvenne il 24 novembre del 1894 si ebbe la costituzione della parrocchia avendo ricevuto tutti i pareri favorevoli delle autorità civili e religiose.

Mons. Pasquale Corrado allora nominò con la bolla vescovile del 04 novembre del 1894 parroco della nuova chiesa, in modo ufficiale, don Nicola Samarelli. Ultimo atto restava la consacrazione. Moriva il vescovo Corrado e gli succedeva Mons. Pasquale Picone che il 29 settembre del 1896 consacrò la chiesa ponendo sotto l’altare maggiore le particole delle reliquie dei santi Fruttuoso e Gaudenzio, Teresa, Corrado e Paolo.

La chiesa presenta una facciata Neoclassica e all’interno si possono individuare gli stili barocco e gotico fusi assieme secondo l’idea del tempo legata per lo più all’ecclettismo. Essa presenta a 3 navate in cui oltre l’altare maggiore dedicato alla Beata Vergine Immacolata si aprono ben otto cappelline entrando a destra si possono ammirare la Cappella del Battistero, la Cappella di San Raffaele, la Cappella del Crocefisso e una Cappella che raccoglieva varie reliquie ed immagini dei protettori della città oggi la cappella è dedicata alla Madonna dei Martiri, la Cappella della Madonna di Pompei, e l’altare con l’immagine lignea della Vergine Lourdes. Arricchiscono il tesoro spirituale della chiesa la presenza di varie opere d’arte lignee donate o commissionate a ridosso dei primi anni di costruzione del tempio ovvero quella dello Sposalizio della Vergine Maria, il Sacro Cuore, San Pasquale Baylonne e la Beata Vergine del Parto.

Nel 1916 comparve un libretto con le pie pratiche svolte nella chiesa tra cui il pio esercizio del Manto della Beata Vergine Immacolata sebbene la novena fosse uguale a quella che si pratica nella Chiesa di San Bernardino; la pratica della Novena e del culto alla Beata Vergine di Lourdes la cui associazione nata nel 1902 fu aggregata all’Arciconfraternita della Madonna di Lourdes operante nella Basilica francese; il pio esercizio alla Beata Vergine Addolorata similare nel settenario alle altre parrocchie ma qui legata a una pia pratica dedicata a Maria Desolata con i sette momenti salienti la Passione e Morte di Gesù; la novena alla Madonna dei Martiri; la novena per lo Sposalizio di Maria la cui ricorrenza liturgica cade il 23 gennaio; la devozione alla Madonna di Pompei quale regina delle Vittorie nel mese di maggio e poi ad ottobre; di particolare importanza era la novena alla Madonna del Parto da tenersi nei mesi di ottobre e di dicembre di ogni anno, il culto e la devozione erano così forti che don Giuseppe Gagliardi Gadaleta fece erigere un altare dedicato sulla sinistra dell’altare maggiore, tale culto scomparve negli anni trenta del novecento non riuscendo a mantenere la concorrenza con quello più popolare di Sant’Anna zelato nella Rettoria della Santissima Trinità.

A cura di Massimiliano Sisto
Foto di Gianluca de Ruvo
Con la partecipazione di Giacomo Ciccolella.







mercoledì 21 novembre 2018

L'immagine di Santa Rita torna in venerazione dopo un accurato restauro.


Nella giornata di sabato 24 novembre alle ore 10.00 nella chiesa di Santa Maria la Porta a cura della Pia Associazione Santa Rita di Bitonto verrà celebrata una  Celebrazione Eucaristica per accogliere la venerata immagine di Santa Rita da Cascia che dopo un accurato restauro e una adeguata ripulitura è stata riportata agli antichi splendori.


L'immagine sarà esposta alla pubblica venerazione in modo straordinario per tutto il giorno del 24, nel pomeriggio inoltre è prevista la recita della Coroncina di Santa Rita alle ore 18.30 a conclusione della giornata di giubilo del sodalizio.



L'immagine appartiene alla categoria delle "immagini vestite", lignea, di pregevole fattura, fu acquistata a Bari dal commerciante Guerra a spese e a cura delle Figlie della Carità  impegnate nella Farmacia dell'Immacolata.

Il culto della "santa degli impossibili" nella chiesa di Santa Maria la Porta risale sin dai primi del secolo XIX come lo attesta tra l'altro uno speciale patrocinio che veniva concesso al culto della taumaturga in detto luogo con il viatico papale di Leone XIII del 1892 riconfermato poi dall'allora vescovo Pasquale Berardi.


A cura di Sisto Massimiliano.

lunedì 19 novembre 2018

I negozi storici molfettesi ormai chiusi: ricordi.



Domenica sera, fine serata e quattro passi con un mio amico per raggiungere l’auto che mi riporterà a casa, quando nella nostra passeggiata decidiamo di fare un giro più lungo sebbene faccia freddo ma comunque la serata permette.
 Decidiamo quindi di salire corso Margherita e qui iniziano i ricordi di due ragazzi sulla quarantina ormai uomini. Tra le vetrine serrate e le saracinesche chiuse si leggono ormai solo i locasi e i vendesi e da questa amara osservazione, risalendo lentamente vediamo che immediatamente dopo la Cappellina de Candia si vede la vetrina a rilievo di quello che fu uno dei migliori negozi di dischi della città ovvero quello DUEG ormai chiuso da anni dove campeggiano solo due neon che erano la base dell’insegna che non si accenderà mai più; il nostro giro continua e tra una chiacchiera ed un’altra ecco che vediamo i locali dove era Linea Uomo o Ancri il negozio di giocattoli che vendeva le biciclette, anche essi chiusi e ci ricordiamo di quanto fossero in concorrenza i commercianti di Corso Margherita con quelli di Corso Umberto che sino agli anni ottanta avevano il doppio senso di marcia e la gente affollava i marciapiedi. 
Decidiamo di svoltare su via Rattazzi e qui rapidamente arriviamo in Piazza Principe di Napoli dove ci ricordiamo della Piazza Centrale con tanto di tettoia, dove le nostre madri e nonne ci dicevano quando ci mandavano a “fare i servizi” di evitare di acquistare da quella piazza il pesce perché era più costoso di qualche cinquecento lire rispetto alla più grande e più popolare Piazza Paradiso, scendendo poi incrociamo lo sguardo con un incrocio che immette alla strada parallela Corso Umberto in cui vi era il negozio più fornito di giochi per bambini di Molfetta “Parco Bimbi”, chi di noi nella vetrina che immetteva sulla piazza non si è fermato un attimo a vedere il trenino elettrico che era montato sulla pista che girava in continuazione o quella famosa costruzione con i pupazzetti che erano fatti in plastica o ancora le macchinine microscopiche? 

La passeggiata continua e andiamo su Corso Umberto e qui ci ricordiamo di negozi storici ormai scomparsi come Regina o come Laura Pansini. Scendendo incrociamo via Respa e subito decidiamo di percorrerla e immediatamente dopo l’allargamento della stessa il nostro sguardo non può che non andare alla prima vetrina sulla destra ovvero quella che fu di Top Ten. 
Scendiamo quindi le scale che costeggiano l’ex sede centrale della Banca Cattolica e arrivati giù ci ricordiamo della esistenza di altri negozi storici non più esistenti come Mimì Dell’Olio che vendeva scarpe, Todaro all’angolo di Piazza di Garibaldi e il mitico Capozzi. Così mesti, ma rincuorati dai ricordi affiorati in questa serata autunnale ci apprestiamo a salire sull’auto che ci riporterà a casa.

A cura di Sisto Massimiliano.

domenica 4 novembre 2018

La tragedia del Francesco Padre nel cuore dei molfettesi.



Nella notte tra il 4 e 5 novembre del 1994 colò a picco nelle acque internazionali ricche di pesci uno dei nostri natanti appartenenti alla flotta peschereccia cittadina. 

Le cause contrastanti furono o colpi di arma di fuoco contro il motopeschereccio da parte di montenegrini aditi a chiedere il pizzo per poter pescare in quelle acque o da colpi derivanti “dal fuoco amico” a causa della guerra che in quel momento storico imperversava o ancora una colpa ancor più sconcertante ovvero l’avere a bordo armi di contrabbando che sarebbero esplose involontariamente.

Quale sia la verità tra queste ipotesi? Ancora i posteri non hanno avuto alcuna certezza, sicuro che il luogo ove riposano questi nostri concittadini è il mare che è diventata la loro tomba. 

Facevano parte dell’equipaggio il comandante Giovanni Pansini e i marinai Luigi De Giglio, Saverio Gadaleta, Francesco Zaza e Mario De Nicolo che mai più hanno riabbracciato i loro cari familiari e che non hanno rivisto la loro amata città.

Onore ai nostri marinai.
A cura di Sisto Massimiliano

Il pianto di una madre: la scelta del Milite Ignoto.



Nel giorno del IV Novembre sino a qualche decennio fa si festeggiava la vittoria dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, essa era una ricorrenza civile molto sentita perche’ da poco una intera generazione di giovani, il cuore vivo dell’Italia, si era spenta per la miopia dei governanti del tempo. 
Proprio per celebrare quei valorosi uomini il 28 ottobre del 1921 dalla Basilica di Aquileia partì il feretro del Milite Ignoto. 

Codello fu portato su un affusto di cannone con tutti gli onori civili e religiosi per essere poi depositato su un convoglio speciale che a passo d’uomo portò il Milite da Aquileia a Roma. 

La storia narra che la signora Maria Bergamas madre di un soldato italiano irredentista dovette scegliere tra ben 11 salme e che non avendo terminato la ricognizione delle stesse cadde in lacrime di fronte a quella tumulata sotto l'Altare della Patria in Roma gridando il nome del figlio Antonio.

Una volta arrivato a Roma, il feretro con tutti gli onori civili e militari fu trasportato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli dove dopo la cerimonia funebre fu traslato dove si trova ancora oggi: nel sacello al di sotto dell'Altare della Patria. 

Grazie a tutti quegli uomini e donne che si sono immolati per l’Unità di Italia e per tutti quelli che anche successivamente hanno speso la vita per la nostra libertà oggi possiamo vivere la nostra democrazia e poter esprimere liberamente le nostre opinioni.
A cura di Sisto Massimiliano.

venerdì 2 novembre 2018

Commemorazione dei defunti: A livella Principe Antonio de Curtis





Ogn'anno,il due novembre,c'é l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.
Ogn'anno,puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado,e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.

St'anno m'é capitato 'navventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! si ce penzo,e che paura!,
ma po' facette un'anema e curaggio.

'O fatto è chisto,statemi a sentire:
s'avvicinava ll'ora d'à chiusura:
io,tomo tomo,stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

"Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l'11 maggio del'31"

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...
...sotto 'na croce fatta 'e lampadine;
tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:
cannele,cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
nce stava 'n 'ata tomba piccerella,
abbandunata,senza manco un fiore;
pe' segno,sulamente 'na crucella.

E ncoppa 'a croce appena se liggeva:
"Esposito Gennaro - netturbino":
guardannola,che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo...
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s'aspettava
ca pur all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s'era ggià fatta quase mezanotte,
e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero,
muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte.

Tutto a 'nu tratto,che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato...dormo,o è fantasia?

Ate che fantasia;era 'o Marchese:
c'o' tubbo,'a caramella e c'o' pastrano;
chill'ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu 'nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro...
'omuorto puveriello...'o scupatore.
'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro:
so' muorte e se ritirano a chest'ora?

Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo,
quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto,
s'avota e tomo tomo..calmo calmo,
dicette a don Gennaro:"Giovanotto!

Da Voi vorrei saper,vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir,per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va,si,rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava,si,inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d'uopo,quindi,che cerchiate un fosso
tra i vostri pari,tra la vostra gente"

"Signor Marchese,nun è colpa mia,
i'nun v'avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a ffa' sta fesseria,
i' che putevo fa' si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento,
pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse
e proprio mo,obbj'...'nd'a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n'ata fossa".

"E cosa aspetti,oh turpe malcreato,
che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!"

"Famme vedé..-piglia sta violenza...
'A verità,Marché,mme so' scucciato
'e te senti;e si perdo 'a pacienza,
mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...

Ma chi te cride d'essere...nu ddio?
Ccà dinto,'o vvuo capi,ca simmo eguale?...
...Muorto si'tu e muorto so' pur'io;
ognuno comme a 'na'ato é tale e quale".

"Lurido porco!...Come ti permetti
paragonarti a me ch'ebbi natali
illustri,nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?".

"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!
T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella
che staje malato ancora e' fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.

'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:
tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,
suppuorteme vicino-che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"


A cura di Sisto Massimiliano
Foto Giuseppe Roppo