Molfetta nella seconda metà
dell’ottocento era tra le 20 città del Mezzogiorno ad avere una popolazione
superiore alle 20.000 unità non contando i borghi che gravitavano intorno alla
città, quindi il fabbisogno di acqua a scopi civili e sanitari aumentò. Le
autorità ecclesiastiche ben previdero questo problema e per questo Mons.
Costantini sentendo la necessità di dover offrire servizi spirituali per curare
le anime del nuovo quartiere che si era sviluppato oltre il Rione Annunziata, decise
di inviare il 13 dicembre del 1845 con una lettera indirizzata al Re e al
Ministero degli Affari ecclesiastici del Regno in cui chiedeva dei
finanziamenti per la costruzione di una nuova chiesa: quella che nella dizione
comune poi verrà chiamata Chiesa Nuova.
Sapendo le lungaggini
burocratiche il prelato si rivolse alla Confraternita dell’Immacolata che aveva
l’uso di una cappella nella chiesa di San Bernardino per zelare il proprio
culto, e in quegli anni, tra l’altro, era in controversia con la confraternita
del Monte di Pietà proprio sull’uso degli spazi comuni della Chiesa.
Pertanto essendo questo sodalizio
una delle confraternite più ricche della città, non avendo un proprio luogo di
culto, il vescovo propose a questi di sobbarcarsi l’onere della costruzione
della chiesa, ma i sodali invero erano molto più interessati alla costruzione
della Cappella nel nuovo cimitero più che a sobbarcarsi l’onere della
costruzione di un nuovo istituto sacro.
Così il Vescovo fece recapitare
una missiva al padre spirituale della confraternita in cui spiegava i costi che
si sarebbe dovuto sobbarcare il sodalizio per la costruzione del nuovo tempio
ovvero circa 4000 ducati esclusi gli onorari e si richiedeva quindi
l’investimento della rendita annua dei 341 ducati che la confraternita aveva
derivanti da lasciti e legati oltre che alla richiesta di un prestito alla
Cassa Provinciale degli Ospizi mutuando i propri beni in proprietà, arrivando persino
a supporre che il sodalizio chiedesse un prestito al Monte di Pietà locale.
Fatto resta che la confraternita
non volle sobbarcarsi questo onere, ma intervenne un fatto nuovo, infatti l’8
dicembre del 1854 Papa Pio IX emanò nella Bolla Ineffabilis Deus la definizione
del dogma dell’Immacolata. Intanto successe alla guida della sede vescovile
molfettese Mons. Nicola Maria Guida che forte della Bolla pontificia inviò una
nuova istanza al Re di Napoli datata 22 giugno del 1855 chiedendo di edificare
in Molfetta una nuova chiesa sotto il titolo di Immacolata Concezione.
Il presule non demorse e senza
mezzi termini, e con un nuovo fitto carteggio il 30 marzo del 1859, rivolto al
Re chiese di stornare dai fondi che annualmente inviava per la costruzione e
per l’ampliamento del porto una somma da destinarsi alla costruzione della
nuova fabbrica sino al suo totale completamento pari a 16.000 ducati, questo
invito fu accolto dal sovrano: egli stabilì il 14 aprile del 1859 che ogni anno
venissero stornati 3000 ducati in conto dei 16.000 richiesti dal pio vescovo
sino a concorrenza per la costruzione del tempio sacro.
Così il Vescovo nel mese di
settembre dello stesso anno espresse la volontà di assegnare il progetto della
edificazione della chiesa dell’Immacolata all’ingegnere Corrado de Judicibus e
il 22 maggio del 1860 l’Intendente di Bari facendo seguito agli accordi
precedentemente siglati col re di Napoli chiese a chi fosse intestato l’assegno
per la gestione dei fondi annui da impiegare nella costruzione del tempio; il
prelato fece allora il nome di Stefano Salvemini nominato cassiere della
gestione dei fondi necessitanti e pubblici per la costruzione del tempio e nel
mese successivo venne a costituirsi il comitato esecutivo presieduto dal
vescovo il cui coordinatore fu proprio l’ing. De Judicibus.
Intanto i capovolgimenti politici
legati all’annessione col regno di Sardegna e la creazione del regno di Italia
portano non pochi problemi per la costruzione della chiesa con diverse battute
d’arresto a seguito della estensione della legislatura anticlericale sabauda
partita nei territori del regno piemontese già a partire dal 1855 con la legge n.
878 estesa dal Parlamento italiano a
tutto il territorio del regno con la legge n 3848 del 1867, in attuazione delle
prescrizioni contenute nel regio decreto n. 3036 del 1866 che prevedeva di
fatto l’abolizione degli ordini monastici e l’incameramento da parte dello
stato dei conventi, rendite e chiese presenti sul territorio italiano impose
anche per l’erigenda chiesa un arresto significativo.
Intanto alla guida della Diocesi
fu nominato Mons. Gaetano Rossini sostituendo Mons. Guida spostato ad altra
diocesi. Così si riaprì la necessità di trovare i fondi per il completamento
della chiesa tali da attivare una gara di solidarietà tanto che il Salvemini,
già cassiere dell’opera, acquistò il suolo della chiesa, l’ing. De Judicibus
chiese di compenso solo 100 ducati per portare a termine l’opera.
Intanto il quartiere si
ingrandiva e il numero di fedeli si attestava attorno alle 18.000 unità e la
chiesa di San Gennaro non poteva provvedere più alle sue funzioni pertanto
bisognava valutare la possibilità di istituire una nuova parrocchia. Così nel
1874 il 29 febbraio la deputazione per la costruzione della chiesa prende
importanti decisioni: l’ubicazione fu decisa presso piazza immacolata sui
terreni all’uopo acquistati dal Salvemini; fu ufficializzato l’incarico
all’ing. Corrado de Judicibus che scelse quale impresa esecutrice dei lavori
Benedetto Pansini fu Nicola e Vincenzo Cappelluti di Francesco determinando che
i lavori non sono appaltati a corpo con contratto unico ma in base alle
disponibilità finanziarie che di volta in volta si sarebbero trovate.
Così il vescovo stabilì che la
benedizione della prima pietra avvenisse l’8 dicembre dello stesso anno
edificando la chiesa sotto il titolo di Immacolata Concezione e Sacro Cuore di
Gesù, titolo quest’ultimo che poi cadde in obblio. L’8 dicembre secondo le prescrizioni
del Pontificale Romano dopo la celebrazione eucaristica avvenuta nella chiesa
di san Gennaro il Vescovo col capitolo si reco’ in processione sino al luogo
prescelto impiantando una croce di legno ove sarebbe sorto l’altare maggiore
benedicendo l’opera.
La costruzione del sacro edificio
poi, proseguì a ritmi lenti a seguito delle donazioni di materiale e di denaro
che dai cittadini e dai notabili molfettesi erano versati per rendere fattiva
l’opera e portarla a compimento. Ma tra il 1879 e il 1885 la fabbrica della
chiesa ebbe una accelerazione e ciò fu dovuto essenzialmente alla buona
congiuntura economica cittadina che trainata dall’apertura di opifici,
cementerie e grazie allo sviluppo della cantieristica cittadina che offrirono
ampie possibilità di introiti anche dai ceti più poveri della popolazione che
contribuirono alla costruzione della chiesa attraverso piccole e copiose
oblazioni.
Tra il 1883 e la fine del 1892 i
lavori furono alacri tanto che si attuarono la realizzazione delle caritorie
della volta maggiore per l’incanalamento delle acque di prima pioggia, e poi si
passò agli intonaci, agli stucchi interni la chiesa; nel 1886 fu la volta della
realizzazione del finestrone sulla porta maggiore, nel 1891 venne commissionato
il quadro che campeggia sull’altare maggiore e il cappuccino Padre Vitangelo de
Cesare rimontò e accordò l’organo che era della ormai distrutta chiesa di San
Francesco oggi mercato ittico, infine il 09 novembre del 1892 si ebbe la
chiusura delle volte del sacro edificio.
La chiesa fu aperta al culto ed
al pubblico attraverso una solenne celebrazione e benedizione, già dal
settembre del 1892, operata da don Nicola Samarelli primo sacerdote e rettore
della nuova chiesa oltre che da Monsignor Pasquale Corrado nuovo vescovo di
Molfetta e subito questi si adoperò presso la Curia Romana per lo smembramento
della parrocchia di San Gennaro, l’elezione a parrocchia della Chiesa
dell’Immacolata oltre che per il riconoscimento da parte delle autorità civili
della stessa così come avvenne il 24 novembre del 1894 si ebbe la costituzione
della parrocchia avendo ricevuto tutti i pareri favorevoli delle autorità
civili e religiose.
Mons. Pasquale Corrado allora
nominò con la bolla vescovile del 04 novembre del 1894 parroco della nuova
chiesa, in modo ufficiale, don Nicola Samarelli. Ultimo atto restava la
consacrazione. Moriva il vescovo Corrado e gli succedeva Mons. Pasquale Picone
che il 29 settembre del 1896 consacrò la chiesa ponendo sotto l’altare maggiore
le particole delle reliquie dei santi Fruttuoso e Gaudenzio, Teresa, Corrado e
Paolo.
La chiesa presenta una facciata
Neoclassica e all’interno si possono individuare gli stili barocco e gotico
fusi assieme secondo l’idea del tempo legata per lo più all’ecclettismo. Essa
presenta a 3 navate in cui oltre l’altare maggiore dedicato alla Beata Vergine
Immacolata si aprono ben otto cappelline entrando a destra si possono ammirare
la Cappella del Battistero, la Cappella di San Raffaele, la Cappella del
Crocefisso e una Cappella che raccoglieva varie reliquie ed immagini dei protettori
della città oggi la cappella è dedicata alla Madonna dei Martiri, la Cappella
della Madonna di Pompei, e l’altare con l’immagine lignea della Vergine
Lourdes. Arricchiscono il tesoro spirituale della chiesa la presenza di varie
opere d’arte lignee donate o commissionate a ridosso dei primi anni di
costruzione del tempio ovvero quella dello Sposalizio della Vergine Maria, il Sacro
Cuore, San Pasquale Baylonne e la Beata Vergine del Parto.
Nel 1916 comparve un libretto con
le pie pratiche svolte nella chiesa tra cui il pio esercizio del Manto della
Beata Vergine Immacolata sebbene la novena fosse uguale a quella che si pratica
nella Chiesa di San Bernardino; la pratica della Novena e del culto alla Beata
Vergine di Lourdes la cui associazione nata nel 1902 fu aggregata
all’Arciconfraternita della Madonna di Lourdes operante nella Basilica francese;
il pio esercizio alla Beata Vergine Addolorata similare nel settenario alle
altre parrocchie ma qui legata a una pia pratica dedicata a Maria Desolata con
i sette momenti salienti la Passione e Morte di Gesù; la novena alla Madonna
dei Martiri; la novena per lo Sposalizio di Maria la cui ricorrenza liturgica
cade il 23 gennaio; la devozione alla Madonna di Pompei quale regina delle
Vittorie nel mese di maggio e poi ad ottobre; di particolare importanza era la
novena alla Madonna del Parto da tenersi nei mesi di ottobre e di dicembre di
ogni anno, il culto e la devozione erano così forti che don Giuseppe Gagliardi
Gadaleta fece erigere un altare dedicato sulla sinistra dell’altare maggiore, tale
culto scomparve negli anni trenta del novecento non riuscendo a mantenere la
concorrenza con quello più popolare di Sant’Anna zelato nella Rettoria della
Santissima Trinità.
A cura di Massimiliano Sisto
Foto di Gianluca de Ruvo
Con la partecipazione di Giacomo Ciccolella.
Foto di Gianluca de Ruvo
Con la partecipazione di Giacomo Ciccolella.